Una Tobin tax per la crescita
Una Tobin tax per la crescita

Il risanamento di bilancio nella Ue è in corso da tempo. Molto è già stato fatto, ma sono ancora numerosi i traguardi da conseguire (di Algirdas Šemeta *).

La stabilità economica a lungo termine si fonda sull’assunto che l’Unione continui a lavorare su due fronti: la disciplina di bilancio e le misure di promozione della crescita. Il lavoro in atto per tamponare i disavanzi di bilancio deve essere quindi integrato con nuove iniziative intese a rilanciare l’economia. A tal fine è necessario modificare il nostro approccio nei confronti delle politiche fiscali, virando verso tasse che – al di là dell’aumento delle entrate – si propongano un obiettivo più ampio: incoraggiare un comportamento favorevole alla crescita e promuovere un’economia sostenibile. Ecco perché all’atto di analizzare le fonti di crescita dobbiamo porre l’imposta sulle transazioni finanziarie al centro del dibattito.
In primo luogo bisogna sottolineare che l’introduzione della Tobin tax consentirebbe nuove e significative entrate provenienti da un settore che è in grado di garantirle. La proposta della Commissione apporterebbe circa 57 miliardi di euro l’anno semplicemente applicando un’imposta dello 0,1% sulle obbligazioni e dello 0,01% sui derivati. Senza chiedere ulteriori sforzi ai cittadini (che sarebbero in larga misura al riparo da tale imposta) gli Stati membri otterrebbero così entrate supplementari per espandere il margine di bilancio e compiere investimenti mirati.
In alternativa, l’imposta sulle transazioni finanziarie potrebbe contribuire a quelle riforme fiscali orientate alla crescita che i governi nazionali sono adesso chiamati a varare. Usare l’imposta sulle transazioni finanziarie per ridurre altre tasse che hanno un effetto distorsivo, in primo luogo sull’occupazione, potrebbe aiutare a promuovere l’occupazione ed a incrementare la domanda aggregata, due ingredienti essenziali della crescita.
In secondo luogo, non si devono sottovalutare gli effetti positivi che una maggiore responsabilizzazione del settore finanziario sortirebbe sulla crescita. In questi anni abbiamo potuto constatare i danni che può arrecare un’attività bancaria puramente improntata alla speculazione: dobbiamo fare in modo che ciò non si ripeta mai più. Gli istituti finanziari devono dunque ripensare le proprie attività, e fare la propria parte nel ricostruire un’economia sana. Ciò significa dedicare molta più attenzione al finanziamento delle imprese – di tutte le dimensioni – e alla promozione di investimenti sostenibili. L’imposta sulle transazioni finanziarie fungerà certamente da incentivo in tal senso. Essendo uno strumento di mercato che privilegia le attività finanziarie stabili rispetto alla speculazione ad alto rischio, questa imposta dovrebbe aiutare ad allentare le restrizioni del credito, a ripristinare la fiducia negli investimenti di lungo termine e ad accrescere l’occupazione.
C’è infine la questione della fiducia dei consumatori, un indicatore essenziale per la crescita. La fiducia dei consumatori si basa, tra l’altro, sulla fiducia nelle politiche dei governi e sulla convinzione generale di "fare la cosa giusta".
Ne consegue che il presupposto di un’economia funzionante è una tassazione equa. Al momento è difficile sostenere che l’onere fiscale sia distribuito in maniera equilibrata. Il settore finanziario è attualmente sottotassato di circa 20 miliardi di euro e continua a versare bonus cospicui ai suoi dipendenti, mentre i contribuenti stanno ancora pagando il suo salvataggio.
Come meravigliarsi se la fiducia dei cittadini è così bassa? È necessario riportare in gioco l’equità. L’imposta sulle transazioni finanziarie sanerà questo squilibrio, garantendo che il settore finanziario si faccia carico della sua parte. Ciò potrà ridare fiducia ai consumatori e contribuire a ripristinare il rapporto, ormai compromesso, tra gli istituti finanziari e i cittadini.
Nelle prossime settimane e nei prossimi mesi gli Stati membri cercheranno nuovi strumenti di stimolo della crescita che possano essere compatibili con il risanamento dei conti pubblici. Nella loro ricerca, li invito a non tralasciare l’imposta sulle transazioni finanziarie e a non sottovalutare gli effetti positivi che essa potrebbe avere. La Commissione ha proposto un’imposta sul settore finanziario equa e ben strutturata, con benefici che vanno ben al di là del semplice aumento delle entrate. Sia la maggior parte dei cittadini della Ue che il Parlamento europeo hanno già chiaramente espresso il loro consenso. Sta adesso ai ministri delle Finanze dell’Europa fare altrettanto.

* Algirdas Šemeta è il commissario europeo responsabile per il portafoglio Fiscalità e unione doganale, audit e lotta antifrode

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