Forse adesso sarà più facile immedesimarsi nelle condizioni di miseria che spingono i popoli al di là del Mediterraneo a rischiare una fine orribile, con un prezzo altissimo da pagare. Segue …
Quella avvenuta questa notte intorno alle 4, in acque maltesi, a sole 39 miglia da Lampedusa è la più grande tragedia del mare registrata in queste settimane di sbarchi continui, in cui alla parola "immigrati" è stata associata soltanto la questione dell’emergenza. Forse adesso sarà più facile immedesimarsi nelle condizioni di miseria che spingono i popoli al di là del Mediterraneo a rischiare una fine orribile, con un prezzo altissimo da pagare. Un barcone è affondato, a bordo c’erano circa trecento persone, fra queste anche donne e bambini. Quarantotto sono state salvate dalla Guardia costiera, altre tre da un peschereccio. Ma i dispersi, al momento, sono almeno duecentocinquanta. "Dolore e sgomento" è stato espresso dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che ha sottolineato come "le forze navali italiane hanno fatto anche in questo caso, come in tanti altri, tutto il possibile per salvare il maggior numero di naufraghi".
Erano in gran parte eritrei e somali. Secondo la guardia costiera italiana, la loro imbarcazione era lunga non più di 13 metri, partita due giorni fa da Zuwarah, in Libia. A un certo punto, nella notte arriva ai maltesi una richiesta di soccorso da un telefono satellitare, a bordo del barcone stesso. Partono tre motovedette, un aereo e un elicottero del nostro guardiacoste perché i maltesi erano "impossibilitati" a intervenire. La prima motovedetta raggiunge il barcone in pericolo alle 4, la burrasca e la concitazione rendono un’impresa ogni tentativo di trasbordare i migranti. Finiscono in acqua, mentre la carretta si inabissa.
Le motovedette italiane recuperano 48 persone ancora in vita. Nel pomeriggio, dati ormai per spacciati, altri tre sono a bordo del peschereccio "Cartagine", della flotta di Mazara del Vallo, che li ha raccolti. Ma i dispersi sarebbero non meno di 250 e le ricerche continuano anche se il mare è ancora in burrasca e le previsioni meteo sul Canale di Sicilia danno la situazione in peggioramento. Nonostante tutto questo, è stata un’altra notte di sbarchi: almeno 351 gli immigrati approdati a Lampedusa, tra cui 18 donne e 5 bambini.
Il racconto dei piloti dell’elicottero, rientrati dopo aver sorvolato la zona del naufragio alla luce del giorno, è agghiacciante. Decine i cadaveri in balìa delle onde, "abbiamo sperato di vedere qualcuno che alzasse il braccio ma non è accaduto. Tra i cadaveri, difficili da quantificare, anche corpi di bambini". Nella tarda mattinata entra nel porto di Lampedusa la motovedetta con i superstiti. C’è anche una donna incinta.
"Eravamo 370, siamo stati due notti e tre giorni in mare, poi abbiamo visto la nave italiana che si avvicinava" racconta uno dei 51 sopravvissuti. Un altro, un uomo che avrebbe perso moglie e figlio di tre anni, racconta: "La nave italiana è arrivata molto lentamente a motori spenti, lentamente, fino a un metro da noi. Ci siamo spostati e la nostra barca si è rotta e siamo caduti in mare".
Un giovane del Camerun dice di essere rimasto in Libia almeno due anni a fare l’imbianchino. Quando è divampata la guerra civile, gli avrebbero proposto di combattere contro i ribelli. Ma lui – racconta – è riuscito a trovare un barcone per partire pagando 1200 dollari sia per lui che per la sua fidanzata, 24 anni, e un suo amico: gli altri due sono morti. "Siamo partiti dalla Libia e verso le sei di sera è cominciato il cattivo tempo. Siamo caduti in mare, era un inferno. Mi entrava acqua in bocca ma sono riuscito a rimanere a galla. C’erano almeno tre bambini e molte donne. Io mi chiamo Peter Ugo, ho 29 anni".
Il comandante della Capitaneria di porto, Pietro Carosia, spiega che i 51 extracomunitari giunti a Lampedusa erano tutti in un profondo stato di ipotermia. Il comandante del peschereccio "Cartagine", Francesco Rifiorito: "Era buio pesto, non si vedeva niente neanche con le fotoelettriche, ma ho sentito le grida di queste persone e sono riuscito a tirarle su".
Tratto da Repubblica