Nel Rapporto Svimez 2011 si sostiene che al Sud, oltre l’accentuarsi del divario economico con il Nord, l’industria rischia di estinguersi.
Delle 533 mila unità perse in Italia tra il 2008 e il 2010, ben 281 mila sono nel Mezzogiorno dove pur essendo presenti meno del 30% degli occupati italiani si concentra il 60% delle perdite di lavoro causa crisi.
Il Sud e’ in stagnazione, con un tasso di crescita del Pil dello 0,1% nel 2011, secondo il rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno. Il Centro-Nord cresce invece dello 0,8% e, a livello nazionale, ci si attesta su un +0,6%.
Per il Sud, il 2011 e’ il secondo anno di stagnazione, dopo il forte calo nel biennio 2008-2009. Tutte le regioni meridionali presentano valori inferiori al dato nazionale e oscillano tra un minimo del -0,1% della Calabria e un massimo del +0,5% di Basilicata e Abruzzo. Molise e Campania segnano +0,1%, la Puglia +0,3%, Sicilia e Sardegna sono ferme.
”Questo processo di declino potra’ essere interrotto solo con una adeguata domanda privata e pubblica capace di favorire una ripresa della produzione e un aumento di posti di lavoro stabili. Il rischio altrimenti e’ che la perdita di tessuto produttivo diventi permanente”.
Nei prossimi vent’anni il Mezzogiorno perdera’ quasi un giovane su quattro, nel centro-nord oltre un giovane su cinque sara’ straniero. Gli under 30 al Sud saranno oltre due milioni in meno nel 2050, meno di cinque milioni. Gli over 75 passeranno dall’attuale 8,3% al 18,4.
Secondo stime SVIMEZ, l’effetto cumulato delle manovre 2010 e 2011 dovrebbe pesare in termini di quota sul PIL 6,4 punti al Sud ( di cui 1,1 punti nel 2011, ben 3,2 punti nel 2012, 2,1 nel 2013) e 4,8 punti nel Nord (1 nel 2011, 2,4 nel 2102, 1,4 nel 2013).
Il Sud quindi contribuirebbe in maniera maggiore all’azzeramento del deficit, pari nel 2010 al 4,5% del PIL nazionale.
Più in particolare, sul fronte degli incrementi delle entrate, il 76% si realizzerebbe al Centro-Nord e il 24% al Sud, ricalcando così il peso delle diverse aree in termini di produzione della ricchezza.
Discorso diverso, invece, riguardo alla riduzione delle spese. Qui il contributo delle regioni meridionali al risanamento finanziario arriverebbe al 35% del totale nazionale, una quota superiore di 12 punti percentuali al suo peso economico.
I motivi? I tagli agli enti locali (6 miliardi di euro) e la contrazione degli investimenti pubblici nazionali e regionali, per effetto del Patto di stabilità.
In Sardegna la crescita del PIL nel 2010 rispetto all’anno precedente è stata dell’1,3 %. La previsione per il 2011 è dello 0,0. Il PIL in % rispetto al Centro Nord è dell’82,5 % e il valore del prodotto interno lordo procapite 2010 è di € 15.317,3. Il tasso di mortalità (valori per 1.000 abitanti) è stato di 8,7 contro l’8,1 del tasso di natalità. Il saldo migratorio (in migliaia di unità) è negativo (emigrati 6,6 > immigrati 5,9). Le prime regioni di destinazione dei flussi migratori sono la Lombardia ed il Lazio. Il tasso di disoccupazione totale (2010) è stato del 14,1 ma il valore corretto è stato del 19,4 %. Il tasso di occupazione è stato del 60,2%. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è stato del 38,4 %.
Il rapporto è pubblicato su www.svimez.it