In Europa il malaffare sottrae oltre 120 miliardi di euro ogni anno, quasi l’1% del Pil. In Italia oltre 60, concentrati soprattutto negli appalti pubblici. Cifre che in tempo di crisi farebbero molto comodo.
Il fenomeno della corruzione non è solo un atto individuale di illegalità. In molti paesi è diventato un vero e proprio sistema organizzato che interviene in molti settori della vita pubblica alterando le regole della democrazia e della trasparenza, oltre a rappresentare un costo per l’economia in termini di risorse materiali, immateriali e umane.
Di recente, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione contro la corruzione, chiedendo nuove sanzioni e sollecitando gli Stati membri a fare rispettare le norme in vigore. In Europa esistono leggi contro la corruzione, ma non tutti i paesi membri le applicano. Inoltre, Germania, Austria e Italia non hanno ratificato la Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione, mentre la ratifica della Convenzione Ocse contro la corruzione è ignorata da Cipro, Lettonia, Lituania, Malta e Romania.
Secondo le stime della Commissione europea, i costi della corruzione in Europa superano i 120 miliardi l’anno, quasi l’uno per cento del Pil. Cifre che – fanno notare gli eurodeputati – farebbero bene all’Europa, specie in tempi di crisi. "La ripresa economica degli Stati membri colpiti dalla crisi finanziaria – si legge nella Risoluzione approvata – è ostacolata proprio dalla corruzione, dall’evasione fiscale, dalla frode fiscale e da altri reati economici". "La corruzione – si legge ancora più avanti – conduce a un uso improprio dei fondi comunitari forniti dai contribuenti e causa distorsioni del mercato". Per tutte queste ragioni il Parlamento europeo chiede l’introduzione di "sanzioni da applicare uniformemente sul territorio dell’Unione" per i paesi colpevoli di non perseguire adeguatamente i casi di corruzione al loro interno.
Ogni anno Transparency international, network con sede a Berlino, al quale aderiscono oltre 90 associazioni nazionali, pubblica un resoconto analitico sul cosiddetto Indice di percezione della corruzione, attribuendo a ciascun paese un voto che varia da 0 (massima corruzione) a 10 (assenza di corruzione), ottenuto mediante l’analisi incrociata dei dati forniti da esperti locali e internazionali, università e centri di studio.
Secondo il rapporto 2010 , sono ai primi posti della classifica molti paesi europei, tra cui Romania, Bulgaria, Grecia, Italia, che scavalcano paesi africani come il Ruanda e il Ghana. Lo scorso anno la Corte dei Conti ha stimato in 60 miliardi di euro (+ 30 per cento rispetto al 2009) il costo della corruzione in Italia. Inoltre, uno studio realizzato dalla Banca d’Italia, presentato alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie, ha evidenziato come la presenza mafiosa in quattro regioni (Sicilia, Calabria, Campania e Puglia) abbia prodotto un ritardo, in termini di mancato sviluppo economico, pari al 15 per cento del Prodotto interno lordo.
Nelle quattro regioni ad alta densità mafiosa le indagini relative alle diverse attività processuali mettono in luce il forte condizionamento della pubblica amministrazione, concentrato soprattutto negli appalti pubblici, nella gestione dei finanziamenti comunitari, nello smaltimento dei rifiuti e nel settore sanitario. Un condizionamento che spiega il nesso tra corruzione e criminalità organizzata e il consolidamento del rapporto tra mafia, affari e politica. Lo studio della Banca d’Italia parla di rischio infiltrazione mafiosa in territori "non tradizionali", evidenziando così l’esigenza di un impegno da parte dello Stato che, oltre a contenere la "pervasività" della criminalità organizzata e a condurre un’efficace azione di contrasto, si orienti verso un’efficace azione sul piano sociale ed economico per distruggere il suo "brodo di coltura": il sottosviluppo.
Fonte: www.rassegna.it