La bolla speculativa non c’è stata, ma il prezzo dei terreni agricoli continua a essere salato. E sul futuro si allunga l’ombra dell’Imu che potrebbe favorire l’impennata dei canoni di affitto.
L’annuale rapporto dell’Inea (Istituto nazionale di economia agraria) sul mercato fondiario registra nel 2011 un aumento contenuto che non si discosta da quello degli ultimi anni. Rispetto a dieci anni fa le quotazioni delle aree agricole sono cresciute comunque di oltre il 20%, ma il nodo è che si è allargato il gap rispetto ai redditi dei produttori che continuano ad assottigliarsi.
Acquistare terra per rafforzare la maglia poderale è dunque sempre più difficile e così si rischia di frenare quella marcia di avvicinamento alla dimensione europea fotografata dall’ultimo censimento Istat.
I maggiori aumenti dei prezzi si rilevano nel Nord e nel Centro. In controtendenza il Sud dove in Calabria, Campania e Abruzzo, il valore della terra è addirittura sceso. Il valore medio a ettaro è di circa 20mila euro ma con significative variazioni. Nella pianura del Nord est il valore è di 46mila euro a ettaro mentre la collina litoranea del Nord ovest sfonda i 70mila euro. E bisogna poi tener conto dei picchi nella aree agricole di maggior pregio. Prezzi alle stelle, per esempio, per il florovivaismo: nella pianura e collina di Como si viaggia su 220mila euro e non si acquista a meno di 210mila nell’alto milanese. Si pagano poi a peso d’oro i vigneti Doc nella zona del lago di Caldara (oltre 520mila euro) o i meleti nella Val d’Adige (470mila). Non si scende sotto i 500mila euro per i vigneti Doc di Valdobbiadene o nelle colline di Montalcino. Le terre più economiche? I pascoli nella provincia di Catanzaro (bastano 2mila euro) o quelli nelle Barbagie.
Con queste quotazioni le compravendite vanno al rallentatore. La terra si conferma un bene rifugio, ma la crisi economica e la scarsa liquidità degli agricoltori hanno ingessato il mercato fondiario. Una crisi confermata anche dall’eccesso di offerta che ha operato un’azione di calmieramento, ma che è un chiaro indice della difficoltà a investire che si avverte nel settore. Una condizione che ha spostato la domanda sul segmento degli affitti: chi vuole ampliare l’azienda ricorre preferibilmente all’affitto. Con contratti spesso sempre più brevi, in molti casi addirittura stagionali. Il maggiore dinamismo è appannaggio soprattutto del Nord dove i canoni sono in rialzo per le colture di pregio e per quelle energetiche come per esempio il mais ceroso. Nel Sud sono soprattutto i giovani a trainare la corsa, grazie anche alle agevolazioni dei piani di sviluppo rurale.
In futuro, però, secondo le valutazioni dell’Inea, ci potrebbe essere una spinta sugli affitti: «le nuove disposizioni di Agea per l’assegnazione dei titoli della Pac – sottolinea il rapporto – soltanto in presenza di contratti di affitto regolari e registrati potrebbero spingere verso una maggiore regolarizzazione dei contratti».
Il mercato è vivacizzato poi dai contoterzisti che si stanno rafforzando nel ruolo di agricoltori. Per ammortizzare i costi elevatissimi delle macchine sono sempre di più, infatti, gli agromeccanici che combinano prestazioni di servizi con le lavorazioni sulle proprie terre (di Annamaria Capparelli).