Regioni e Comuni preoccupati per i tagli alle politiche sociali. Le ragioni, con i conti alla mano, sono tutte contenute in un documento approvato il 22 settembre dalla Conferenza delle Regioni.
La Conferenza delle Regioni lancia anche tre proposte: aprire un tavolo di confronto e concertazione Governo, Regioni, Parti Sociali e il Terzo Settore; affrontare i nuovi assetti istituzionali in maniera coerente con il rispetto dei diritti civili e sociali; ricostituire un fondo unico per il sociale.
Durante i lavori della Conferenza delle Regioni del 22 settembre, presieduta dal presidente Vasco Errani, è stato approvato il seguente documento sulle politiche sociali.
1. IL QUADRO SOCIO-ECONOMICO:
₋ Confindustria prevede “crescita 0”;
₋ OCSE indica una disoccupazione giovanile al 28%;
₋ Gli organismi della produzione sottolineano la caduta dei consumi;
₋ ISTAT evidenzia che nel 2011 un italiano su quattro è povero (24,7% della popolazione);
₋ UNICEF pone l’Italia agli ultimi posti (insieme alla Grecia) sui 24 Paesi dell’OCSE, per la necessità di implementare gli interventi a favore di minori e adolescenti;
₋ Ancora dai dati ISTAT si registra che nel 2010 sono nati 15 mila bambini in meno rispetto al 2009;
₋ La composizione della spesa per la protezione sociale vede rispetto all’Europa una netta prevalenza della previdenza a scapito delle politiche per la famiglia (l’Italia scende al 20 posto in Europa nel rapporto PIL investimenti a favore delle politiche sociali);
₋ Gli economisti italiani aggiungono al quadro “la fine delle Politiche Sociali”.
TUTTI, sono comunque concordi che deve essere avviata una politica di crescita e di rilancio produttivo.
Quindi, volendo assumere una posizione attiva sulle “politiche sociali” proponiamo uno spaccato delle stesse con qualche dato e gli elementi più critici, per trovare una condivisione sul loro “rilancio”.
2. LE POLITICHE SOCIALI OGGI
Rappresentano un ammortizzatore delle pesanti diseguaglianze e da un decennio anche una leva che promuove il miglioramento dello sviluppo locale (obiettivi di Lisbona, Agenda Europea 2020) e secondo l’Europa, coesione ed inclusione sono i pilastri per rilanciare il sistema economico e promuovere una crescita "intelligente, sostenibile e solidale".
In Italia, la normativa vigente (in particolare la L. 328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali") ha individuato nuovi scenari per le Politiche Sociali con il superamento dell’assistenzialismo fine a sé stesso, verso un sistema delle autonomie locali che promuove l’auto-aiuto, le responsabilità individuali stimolando anche la Comunità sociale muovendosi per una concreta sussidiarietà verticale (leale collaborazione tra i livelli di Governo) e orizzontale, con un ruolo forte in termini propositivi e di gestione, del Terzo Settore, Impresa Sociale e della solidarietà sociale (volontariato e associazionismo), accompagnando questo nuovo assetto, con il ruolo di indirizzo, di programmazione e di regia da parte del sistema delle Autonomie (Regioni, Comuni e Province) secondo i compiti a loro assegnati dalla Costituzione.
Nell’ultimo decennio, le Regioni hanno assestato le reti dei servizi, guardando alle peculiarità locali ed ai bisogni della popolazione del loro territorio, con una condivisione degli obiettivi da raggiungere, da parte di Comuni, delle Province, con gli apporti delle istanze sociali e degli organismi di tutela dei cittadini, hanno promosso e realizzato interventi e prestazioni a favore di famiglie, persone , minori, anziani, disabili, fragilità e marginalità sociali. I Comuni, in forma singola e associata, anche con il supporto delle Provincie, per le piccole comunità locali, hanno costruito un sistema di protezione sociale che necessita di consolidamento e di graduali ampliamenti
Certamente, gli obiettivi dei servizi sociali sono ben più ampi di quelli previsti dalla “delega assistenziale” presentata dal Governo che ipotizza di rispondere solo alle “persone autenticamente bisognose” riportando le finalità delle politiche sociali ante legge Crispi del 1890.
Le politiche sociali, attraverso i loro servizi, integrati con la salute, la scuola e la qualificazione professionale, hanno sostenuto coloro che sono in difficoltà, attenuando anche quelle tensioni, che possono produrre forti disagi e reazioni nella popolazione più marginale. E’ su questa base che le Regioni condividendo un percorso anche con le Autonomie hanno interpretato prontamente quanto indicato nei decreti legislativi sul Federalismo municipale e regionale (Decreti legislativi 216/2010 e 68/2011) ed hanno redatto un documento sui MACRO OBIETTIVI (obiettivi di servizio) delle Politiche sociali articolati in:
1. Servizi per l’accesso e la presa in carico da parte della rete assistenziale;
2. Servizi e misure per favorire la permanenza a domicilio;
3. Servizi per la prima infanzia e a carattere comunitario;
4. Servizi a carattere residenziale per le fragilita’;
5. Misure di inclusione sociale e di sostegno al reddito (in questo livello sono inserite anche le misure economiche nazionali).
All’interno dei macro obiettivi sono previste linee di intervento che vanno dal sostegno alla famiglia e alla persona, nelle condizioni di disagio e di povertà, a facilitazioni per favorire l’inclusione dei disabili (dalla scuola al lavoro), al sostegno domiciliare per i non autosufficienti, alle strutture residenziali per chi non ha sostegno familiare, all’accompagnamento nella crescita per i minori, gli adolescenti e i giovani (nidi e altri servizi in base all’età), ai servizi per le dipendenze, l’immigrazione e le marginalità, in modo da ricostruire un tessuto sociale di accoglienza e di vita. Queste, sono le politiche sociali, uno strumento di inclusione e di sostegno di tipo universalistico a favore di tutti i cittadini.
3. LA SPESA E GLI INTERVENTI SOCIALI
(Dati dell’indagine ISTAT/Regioni/Comuni/ Ministeri Economia e Politiche Sociali sulla spesa sociale)
La Spesa sociale è distribuita tra Stato Regioni e Comuni, la tabella seguente ne indica l’articolazione per il triennio 2006/2008.
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(*) Dato stimato, per la non completezza delle informazioni
Alla spesa indicata si aggiunge quella delle Province dedicata all’area sociale pari a 831,2 ml. di euro per il 2006., 310,2 ml. di euro per il 2007 e 345, 2 ml. di euro per il 2008.
Si può osservare che l’incidenza del finanziamento statale è diminuita nel tempo, e dalla tabella successiva si potrà valutare come nel 2011 l’incidenza è quasi a zero. Con l’aumento del concorso regionale e di quello dei Comuni nel 2010, da una prima stima, la spesa sociale si sarebbe attestata su circa 7,3 miliardi, a cui si affianca una spesa privata per l’aiuto alla cura dei bambini, disabili e anziani (soprattutto non autosufficienti) di oltre 9 miliardi. Sulla spesa privata, va sottolineato come il “mercato” del lavoro di cura sia una fonte di reddito per oltre un milione di persone e con l’invecchiamento della popolazione, sarà un settore in espansione, che va considerato anche sul piano dell’offerta di posti di lavoro (in particolare per la mano d’opera femminile).
Se vogliamo esaminare la distribuzione della spesa tra le diverse aree di assistenza, la maggior dimensione è a favore di minori e famiglia 40,2% a cui seguono anziani al 22,5%, disabili 21,1%, altri interventi per disagio e marginalità 16,2%. Con la spesa indicata sono state erogate milioni di prestazioni, tra cui, per citare le più importanti:
₋260.000 bambini accolti negli asili nido e servizi per la prima infanzia;
₋40.000 nuclei familiari e oltre 1 milione di persone singole, sono seguiti dai servizi sociali;
₋90.000 disabili sono assisti a domicilio e supportati nella scuola e nella formazione professionale;
₋400.000 anziani sono seguiti a domicilio (250.000), nelle strutture residenziali e centri diurni (150.000);
₋280.000 prestazioni di aiuto a persone appartenenti a fasce di disagio sociale.
4. L’ANDAMENTO DEI FINANZIAMENTI NAZIONALI ALLE REGIONI PER L’AREA SOCIALE 2008/2011
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Finanziamenti 2008 |
Finanziamenti 2009 |
Finanziamenti 2010 |
Finanziamenti 2011 |
Finanziamenti 2012 |
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670,8 |
518,2 |
380,2 |
178,5 |
? |
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197,0* |
200,0* |
100,0 |
—– |
? |
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—– |
—– |
37,4 |
—– |
—– |
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64,4 |
30,0 |
—— |
—– |
—– |
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299,0 |
399,0 |
380,0 |
—– |
—— |
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205,6 |
161,8 |
143,8 |
32,9 |
? |
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1.436,8 |
1309,0 |
1041,4 |
211,4 |
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100 |
92,0 |
73,4 |
14,9 |
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* comprensivo di 100,0 milioni per i servizi socio-educativi per la prima infanzia non rifinanziati dal 2010.
Se si escludono i finanziamenti del Fondo Affitti i finanziamenti nazionali alle Regioni, strettamente legati alle Politiche Sociali, sono i seguenti:
2008: 1231,2 ml. euro
2009: 1147,2 ml. euro
2010: 900,0 ml. euro
2011: 178,5 ml. euro
Anche negli interenti collaterali alle politiche sociali, quali il servizio civile dobbiamo registrare nell’ultimo triennio tagli di oltre il 60%
5. QUALI LE CONSEGUENZE DEI “TAGLI” :
Le manovre finanziarie e particolarmente quelle che si susseguono dal 2010 hanno “cancellato” i Fondi Nazionali. Ciò è problematico, anche di fronte alle considerazioni sulla consistenza economica dei trasferimenti, secondo i criteri del Federalismo. Ma quello che emerge nella sua drammaticità è l’attuale situazione che può considerasi transitoria rispetto la completa autonomia federale. Assessori regionali e comunali alle Politiche Sociali e Sindaci sono concordi nell’affermare che il 2012 (con forte incertezza anche per gli anni che seguono), le risorse per i servizi sociali saranno dimezzate: NON SOLO PER LA MANCANZA DEI FINANZIAMENTI NAZIONALI, MA PER I PESANTI TAGLI EFFETTUATI AI BILANCI REGIONALI E COMUNALI. Dal 2010 tra regioni e Comuni sono stati eliminati oltre 10 miliardi a cui si aggiungono quelli dei Ministeri che contengono anche spese finalizzate per servizi sociali e altre attività come il trasporto locale, il sostegno agli affitti,etc.
Il mancato rifinanziamento del Fondo per le Non Autosufficienze ha tolto benefici ad oltre 50.000 anziani così come i tagli subiti al Fondo Minori e Famiglie, impediranno la conservazione dei benefici in atto: almeno 20.000 nuovi nati non avranno la possibilità di entrare nei NIDI di infanzia o di avere servizi dedicati. In sintesi, i tagli alle Politiche Sociali produrranno questi effetti:
₋Impoverimento delle famiglie, particolarmente quelle con figli;
₋Eliminazione di nuovi ingressi ai nidi e alle scuole materne con grossi problemi per le famiglie e per le donne lavoratrici;
₋Diminuzione delle prestazioni per i disabili;
₋Riduzione dell’assistenza domiciliare e residenziale agli anziani e ai non autosufficienti per i quali saranno diminuiti anche i supporti per il lavoro di cura privato, con l’aumento di uso inappropriato del Pronto Soccorso e di posti ospedalieri;
₋Ricaduta sui Lea sociosanitari delle limitazioni alla spesa sanitaria, che con l’aggravio dei tagli al sociale, avrà diretta influenza sui costi dei servizi integrati per minori, disabili e anziani;
₋Impossibilità a avviare strutture costruite ex novo o riattivate;
₋Estrema criticità a collegare misure di supporto sociale agli interventi per l’avvio al lavoro;
₋Aumento delle marginalità che andrà ad influire sull’incremento del disadattamento e della criminalità.
Come si può rilevare le conseguenze dei tagli non fanno altro che aggravare la situazione già descritta nel quadro socio-economico, senza trascurare che i servizi sociali sono anche fonte produttiva e quindi, posti di lavoro che si cancellano. Ai tagli, va aggiunto anche il DDL di delega su Fisco e Assistenza che, particolarmente per la parte dell’assistenza richiede un profonda revisione attraverso un metodo condiviso tra i livelli istituzionali arricchito dal dibattito parlamentare.
Continuare tagliare indiscriminatamente senza valutare il quadro di insieme significa continuare a penalizzare i cittadini più fragili ed in particolare le famiglie.
6. LE PROPOSTE DELLE REGIONI E DELLE AUTONOMIE:
Tutti i livelli istituzionali sono concordi nel chiedere con forza nuovi obiettivi per lo sviluppo sociale e locale. Le manovre finanziarie non possono vanificare l’impianto federalistico tracciato, non si può procedere per “rette parallele”: da una parte, auspicare l’entrata in vigore del Federalismo e dall’altra, colpire pesantemente le autonomie e i bilanci regionali e locali.
Esiste comunque da parte delle Regioni e delle Autonomie locali una disponibilità a rimettere in discussione il sistema attuale, ma con una sufficiente disponibilità di risorse, in modo da sostenere la riprogettazione, valutando anche il sistema dei fondi integrativi e della mutualità sociale. Importante è comunque la centralità della persona ed una visione di insieme che possa coordinare ed integrare servizi sociali, sociosanitari e sanitari, assicurando una presa incarico efficace che eviti duplicazioni di interventi e veda la persona come soggetto attivo.
Nei termini indicati, prima di avviare la discussione della legge di stabilità è necessario:
– aprire un tavolo di confronto e concertazione per il futuro delle Politiche Sociali, a partire dalla delega assistenziale, tra Regioni, Autonomie e Governo, coinvolgendo anche le Parti Sociali e il Terzo Settore, nel rispetto della leale collaborazione istituzionale voluta dalla Costituzione, ma anche dai principi di un corretto federalismo;
– affrontare i nuovi assetti istituzionali in maniera coerente con il rispetto dei diritti civili e socialidei cittadini, approvando in Conferenza Unificata i “Macro Obiettivi di Servizio”, che vanno anche ad integrare le politiche sociali con quelle educative e di avvio al lavoro, in modo da potere garantire tali diritti, con nuove formule organizzative e con la gradualità consentita dagli obiettivi di spesa richiesti dall’Europa;
– riconsiderare in termini positivi, a partire dalla spesa in atto, i finanziamenti 2012 per le Politiche Sociali, ricostituendo un fondo unico “per il sociale” anche in relazione a quanto proposto da Regioni e ANCI negli emendamenti al decreto 138/2011, riconsiderando anche il rapporto tra spesa sociale e patto di stabilità.