Tremila lavoratori in 1840 chilometri di coste. Ma tante difficoltà, al punto che i pescatori sardi non riescono nemmeno a catturare la quantità di pescato compatibile con una gestione sostenibile del patrimonio ittico. Il prodotto copre solo il 30 del fabbisogno.
L’appello del Crel e’ chiaro: occorre che la Regione, a livello legislativo e di governo, presti maggiore attenzione al settore predisponendo i necessari atti di pianificazione. Uno sviluppo che farebbe comodo anche a livello occupazionale.
La Sardegna potrebbe essere un’isola di pescatori, ma non è così. La flottiglia di casa nostra riesce a coprire appena il 30 per cento del mercato locale ed è succube delle importazioni. É questo il punto qualificante dello studio sul settore della pesca, presentato dal Crel, il Consiglio regionale dell’economia. «Con appena tremila addetti e un fatturato complessivo che non supera i 62 milioni di euro – ha detto Gino Mereu, cordinatore della prima commissione – siamo di fronte a un nucleo produttivo in crisi, ancora frantumato in piccole aziende, senza all’orizzonte un ricambio generazionale e anche troppo spesso trascurata dalla Regione, che finora non è riuscita a spendere nessuno dei 15 milioni assegnati alla Sardegna dal Fondo europeo per la pesca». Eppure – come ha detto il presidente del Crel, Tonino Piludu – «la pesca è un settore che potrebbe contribuire in maniera decisiva al rilancio dell’occupazione, anche attraverso l’utilizzo imprenditoriale non solo del mare, ma anche delle lagune, dell’acquacoltura, con l’apertura possibile anche di una fabbrica sarda che produca mangimi per i pesci». Invece, la dipendenza dalle importazioni è completa, nonostante il mercato – come hanno confermato gli esperti convocati dall Crel – sia alla ricerca continua di prodotti dall’origine controllata. «Ma se non c’è un quadro normativo preciso – ha aggiunto Piludu – continuerà a essere difficile capire come può essere risollevato il settore della pesca». Da qui l’appello alla Regione, perché intervenga, anche con l’utilizzo dei fondi europei, per tracciare strategie che riportino il livello del reddito dei pescatori a valori dignitosi, aiutino la flottiglia isolana a fare sistema, perché «sono queste – ha concluso Gino Mereu – le uniche strade possibili per entrare come minimo da protagonisti nel mercato locale ed evitare la morte annunciata di un settore produttivo».
La Nuova Sardegna