Se si evitano eccessi di localismo nel valutare vicende politiche come quella dello spostamento del G8 dalla Maddalena all’Aquila, si scopre che il danno fatto da Berlusconi è più grave e meno maddalena-centrico di quel che sembra a prima vista (di F. Pigliaru).
Lo scippo del G8: paga il Paese, non l’isola, Francesco Pigliaru
Esistono costi immediati e visibili, e costi che invece si formano nel tempo, lontano dallo sguardo della gente. E non è per niente detto che i primi siano i più importanti.
Nel giustificare la “visionaria follia” che lo avrebbe indotto a spostare il G8 dalla Maddalena all’Abruzzo, Silvio Berlusconi ha citato alcuni risparmi immediati che la sua decisione determinerebbe, e che potrebbero essere utilizzati per portare risorse al fondo per la ricostruzione post-terremoto.
Cifre ben visibili e controllabili, dunque. Come quelle con le quali stanno facendo i conti in queste ore gli abitanti della Maddalena.
Qual è il danno che deriverà dalla cancellazione del G8? Per la verità, non sembra enorme. Dal punto di vista delle prospettive economiche della Maddalena, al G8 erano stati assegnato due compiti principali. Primo, agire da “principio organizzatore” di un processo che l’arcipelago avrebbe dovuto compiere rapidamente dopo la chiusura della base militare americana: la trasformazione in una località capace di affiancare all’altissima qualità della propria risorsa naturale infrastrutture, capacità ricettiva e qualità delle aree urbanizzate adeguate a rendere competitiva l’offerta turistica nel mercato mondiale. Questa trasformazione ha richiesto enormi investimenti pubblici e privati. Tuttavia, nessuno di quegli investimenti è stato pensato e attuato guardando esclusivamente o principalmente al G8 di luglio: per renderli remunerativi servono orizzonti temporali ben più lunghi. In più, a due mesi dalla data prevista, gran parte degli investimenti sono stati non solo impostati ma anche effettuati. Se la politica locale farà bene il proprio mestiere, vigilando sul rispetto degli impegni e dei contratti in atto, il rischio di trovarsi con opere incompiute dovrebbe essere davvero limitato.
Il secondo compito assegnato al G8 per favorire la riconversione dell’economia maddalenina era quello di garantirle una promozione globale, e quindi di consentire un rapido successo alla nuova proposta turistica dell’arcipelago. Qui il danno è evidente ma, forse, non enorme: nel medio periodo conta molto più la qualità dell’offerta che un evento per quanto straordinario di marketing internazionale.
Insomma, una prima e inevitabilmente approssimativa analisi dei costi e benefici immediati della sorprendente decisione di Berlusconi non dà esiti particolarmente drammatici. Il sacrificio della Sardegna sembra piccolo a fronte dei possibili vantaggi a favore di popolazioni che oggi vivono difficoltà infinitamente maggiori.
Tutto qui, dunque? Non esattamente: ci sono ancora da mettere in conto costi meno visibili e meno immediati.
Nei confronti internazionali, l’Italia continua ad avere una posizione sfavorevole nelle classifiche basate su indicatori che misurano la capacità di attrarre investimenti esteri. Secondo l’UNCDAT siamo alla posizione numero 106 tra i 141 Paesi da loro valutati. Non solo, ma la nostra non brillante posizione sta peggiorando: secondo l’Economist, nel 2008 si sarebbe registrata una riduzione del flusso di investimenti dall’estero pari al 94%, un dato molto peggiore di quelli registrati altrove in Europa.
All’origine di questa pessima performance c’è un’altra statistica usata in tutto il mondo quando un’impresa deve decidere dove collocare i propri nuovi investimenti. Questa statistica misura con pignoleria l’efficacia delle regole adottate da un paese per proteggere gli investimenti privati da decisioni arbitrarie delle autorità. In altre parole: esiste, e se sì in che misura, il rischio che una volta stipulato un contratto, un accordo, tra un privato e il pubblico, questo accordo venga poi disatteso per volere delle autorità? Esiste o no la possibilità che una volta ottenuta una concessione dal settore pubblico, questa concessione sia poi cancellata, non riconosciuta, ignorata?
Di nuovo, l’Italia è in una pessima posizione anche in questa classifica, e continua a peggiorare nei confronti di tutti i paesi occidentali. Il che significa che avremo ancora meno investimenti e meno fiducia nella possibilità che nel nostro paese si possa fare impresa con successo.
Questo è il costo nascosto dell’improvvisa decisione di Berlusconi. Sotto gli occhi del mondo intero, una volta di più i governanti italiani si sono dimostrati capaci di ignorare accordi presi anni fa, sulla base dei quali investitori nazionali e internazionali avevano definito le proprie scelte e la propria programmazione, per scoprire all’improvviso che parte di quegli accordi possono essere profondamente modificati sulla base di una frettolosa riunione del Consiglio dei Ministri.
Ogni volta che quell’indicatore di credibilità istituzionale diminuisce, il nostro Paese perde importanti occasioni di investimento e di crescita futura. Il vero danno Berlusconi lo ha fatto all’Italia, non alla Sardegna.
Fonte: http://www.insardegna.eu da