Intervista ad Ignazio Angioni
Intervista ad Ignazio Angioni

Ignazio Angioni è candidato al Senato della Repubblica nelle liste del Partito Democratico in Sardegna. Lo ringraziamo per aver accolto il nostro invito a riflettere con noi sulle ragioni e gli obiettivi della sua candidatura.

Intervista a Ignazio Angioni

Ignazio Angioni ha 45 anni, laureato in giurisprudenza, è sposato e vive a Cagliari. E’ stato responsabile regionale delle cooperative di servizi e delle cooperative di produzione e lavoro aderenti a Legacoop Sardegna, poi responsabile per l’organizzazione, incarico che ha lasciato prima di candidarsi alle primarie promosse dal PD. La sua candidatura è  risultata una tra le più apprezzate dagli elettori delle primarie. Ora Ignazio Angioni è candidato al Senato della Repubblica nelle liste del Partito Democratico in Sardegna.
Lo ringraziamo per aver accolto il nostro invito a riflettere con noi sulle ragioni e gli obiettivi della sua candidatura e per aver scelto, anche in questa occasione, di continuare a confrontarsi con le cooperatrici ed i cooperatori di Legacoop.

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Pochi giorni fa, l’Assemblea nazionale dell’Alleanza delle Cooperative Italiane ha adottato un documento, “I cittadini protagonisti del futuro dell’Italia”, che delinea le priorità che la cooperazione italiana intravede per la prossima legislatura, chiedendo “a tutte le forze politiche che si impegnano nella campagna elettorale impegni precisi e responsabili”. Ti chiediamo, prima di tutto, di esprimere il tuo punto di vista a riguardo.

Le priorità individuate dal documento (economia e occupazione; controllo dei conti pubblici; credibilità delle istituzioni in un rinnovato rapporto con i cittadini; coesione sociale ed equità; riforme) sono del tutto condivisibili e coerenti con il programma con il quale la coalizione di centro-sinistra si candida a governare. Sono certo che le concrete misure da adottare saranno oggetto di ogni necessario confronto, da parte del nuovo Governo, della sua maggioranza e delle forze politiche che la sosterranno e che l’Alleanza delle Cooperative Italiane sarà parte attiva di questa relazione.
Alla luce della mia esperienza, sostengo che la patrimonializzazione delle cooperative costituisce una leva essenziale per la loro capacità di investimento, così come mi sembra che la scelta dell’aumento dell’Iva sulla cooperazione sociale sia stata un’assurdità. In generale, occorre ridurre il carico fiscale sul lavoro e sulle imprese, innalzandolo sulla rendita finanziaria, per ricostruire un patto fiscale fondato sull’equità e sul lavoro. Sono certo che, anche nei confronti della cooperazione, il Governo di centro-sinistra che sono fiducioso uscirà dalle elezioni sceglierà di rapportarsi in modo pienamente costruttivo, trasparente ed aperto.

Come è nata la scelta della tua candidatura ?

E’ maturata nel sentimento che per me, mai come in questa occasione, fosse necessario prendere posizione e assumere una responsabilità più diretta e personale nella costruzione del cambiamento, a rischio di sbagliare e di non incontrare la fiducia dei nostri elettori. Chi ha partecipato alle primarie si è sottoposto ad una valutazione dell’intera propria vita ed attività. Per quanto mi riguarda, l’ho fatto avendo preventivamente sottoscritto le mie dimissioni dall’incarico che rivestivo e collocandomi in aspettativa, senza chiedere alcunché a Legacoop. Poi le primarie, che sono state un’occasione di verifica straordinaria e di allargamento della nostra democrazia, mi hanno accordato una fiducia di cui sono grato e riconoscente. Ora siamo tutti davanti alla prova più difficile ed importante, quella del voto.

In che modo la questione del lavoro e dello sviluppo ti vedrà impegnato, se sarai eletto in Parlamento ?

Il lavoro è, per me, la questione delle questioni. Se sarò eletto, ad esso sarà dedicata ogni mia energia. Sono entrato nella cooperazione pensando che fosse sbagliato un modello di sviluppo senza qualità e senza diritti; dopo anni di impegno nella cooperazione la penso allo stesso modo. Le cooperative conoscono bene questo tema: il lavoro, la sua qualità e le sue tutele sono gli obiettivi cui le cooperative tendono e la condizione stessa della loro esistenza e del loro sviluppo. Per chiarire il mio punto di vista a partire dalle questioni di attualità, credo che dalla riforma del mercato del lavoro che ha preso il nome dal ministro Fornero fosse ragionevole attenderci  l’adozione di strumenti che potessero agevolare l’ingresso nel mercato del lavoro. Per esempio, attraverso la riduzione della foresta delle tipologie contrattuali a 4/5 contratti. Purtroppo, si è perso tempo sulla questione dell’art. 18, generando un confronto a tratti ideologico che certo non ha aiutato il processo riformatore. E se oggi si va a guardare nel merito, si scopre che numerose misure tra quelle adottate hanno reso la gestione del rapporto di lavoro più complicata ed onerosa di prima.

Gli Stati generali della Green economy, cui anche Legacoop ha dato il proprio contributo, hanno cercato di lanciare proposte e di promuovere una nuova consapevolezza sulla sostenibilità dello sviluppo e sulla valorizzazione di nuovi bacini occupazionali. Quali sono le tue valutazioni ?

L’Italia ha perso pezzi importanti di industria tradizionale ed altri rischia di perderne nel corso di questa fase recessiva ma, soprattutto, non ha investito sulla costruzione di un nuovo tessuto industriale e non si è data politiche di sviluppo degne di questo nome. Una scelta di investimento nell’industria è necessaria altrimenti sarebbe un suicidio per l’intera economia. Il punto è in che direzione investire e attraverso quali strumenti.

La green economy rappresenta un’opportunità ed una sfida che non deve essere persa, dalle energie alternative alla manutenzione ambientale, dall’agricoltura di qualità al turismo sostenibile. Così come il risanamento e la riqualificazione urbanistica dei nostri paesi e delle nostre città potrebbe restituire spazi e potenzialità al vivere civile.  Probabilmente gli strumenti migliori per sostenere queste iniziative sono di tipo fiscale, così da incentivare i produttori e gli stessi cittadini.

Il tema della gestione e valorizzazione dei beni culturali impegna molto il ruolo della cooperazione e, anche in Sardegna, è stato ed è attraversato da tensioni e visioni contrastanti.

Ho sempre pensato che i beni culturali siano una straordinaria leva per lo sviluppo e per l’occupazione ma non nel modo semplificato cui qualcuno ha pensato. Le condizioni di precarietà in cui il comparto versa in Sardegna sono scandalose: i cittadini, le imprese e gli  operatori del settore si meritano di meglio. La verità è che occorre finirla con i tagli e che bisogna investire maggiori risorse. Non c’è sistema museale al mondo che si regga con i proventi dei biglietti pagati dai suoi visitatori. L’investimento pubblico è necessario, oltre che per la conservazione e la manutenzione dei siti ma anche per potenziare l’offerta turistica, in una regione ed in un Paese la cui attrattività sono motivate dalla  loro storia e dalla bellezza dell’ambiente culturale. E’ ridicolo pensare che i costi di questa operazione si paghino con i  punti di ristoro e con la vendita dei gadgets. Occorre, viceversa, sia un forte intervento pubblico, soprattutto nel finanziamento e nel dettare regole, sia un grande coinvolgimento del privato, soprattutto nella gestione. Le ipotesi discusse in Sardegna, come per esempio quella di una Fondazione, mi vedono d’accordo se si tratta di uno strumento volto a valorizzare e tutelare i beni culturali ma non condividerei opzioni che spazzino via le realtà imprenditoriali esistenti. Quelle stesse realtà che hanno assicurato in tutti questi anni sia la gestione dei beni culturali sia la formazione di centinaia di qualificati operatori.

Anche la questione del ritardo dei pagamenti da parte della P.A. riveste un’importanza cruciale per l’intera economia e per la cooperazione.

Da anni la cooperazione affronta questo problema. Resto convinto che tutte le analisi e le proposte che abbiamo sviluppato siano utili e corrette. La questione straordinaria che si pone è quella dello stanziamento di ingenti risorse in grado di sbloccare i pagamenti. E per questo occorre attenuare i vincoli del Patto di stabilità, in modo da permettere la messa in pagamento del 30/40 % dei crediti nel giro di un anno e la ripresa degli investimenti pubblici, da rivolgere ad opere e servizi necessarie per la cittadinanza e non per pochi portatori di interesse.

Il tema del costruzione di un nuovo welfare potrà entrare nell’agenda politica, alla condizione che si affermino nella sfida elettorale le forze che si oppongono all’idea di uno stato sociale minimo e di un welfare caritatevole.  Diverse organizzazioni del Terzo settore hanno chiesto ai candidati alle elezioni di prendere esplicitamente posizione. In ultimo la FISH, che ha chiesto un cambio di rotta nelle politiche sulla disabilità.

La FISH ha ragione, come ce l’hanno le decine di Associazioni ed organizzazioni del cartello “Cresce il welfare cresce l’Italia” che sono scese in piazza il 31 ottobre dello scorso anno. Il lavoro che Legacoopsociali sta mettendo in cantiere in Sardegna deve proseguire e prendere vigore, perché molte decisioni importanti oggi sono prese a livello locale e regionale. Non sarà semplice ma occorrerà ripartire dalla legge 328 del 2000 e, in Sardegna, dalla legge 23/2005, per  realizzare un nuovo modello di welfare ed una radicale ricomposizione dei suoi assetti. A mio parere, definendo i livelli essenziali delle prestazioni sociali, spostando risorse dai trasferimenti monetari ai servizi, considerando la coesione sociale, la solidarietà intergenerazionale e la valorizzazione del lavoro femminile come grandi leve di sviluppo per la Sardegna e per l’intero Paese. Si tratterà anche di lavorare al superamento del sistema degli appalti come metodo prevalente per la relazione tra il ruolo pubblico – che deve continuare ad assicurare il governo complessivo delle politiche – ed il terzo settore, di cui deve essere riconosciuta la funzione anche nei fatti e non solo con la retorica.

Te lo chiediamo sia per l’importanza in sé della questione sia perché, nel nostro piccolo, abbiamo sostenuto la campagna contro l’acquisto degli F35. Qual è il tuo giudizio a riguardo?

Non sono un esperto di questioni militari e non voglio arrischiarmi in facili demagogie. Ma anch’io mi chiedo cosa ce ne facciamo di cacciabombardieri come gli F35, se il nostro modello di sicurezza – per scelta costituzionale – deve essere orientato alla difesa. Condivido l’impegno assunto da Pierluigi Bersani ad un profondo ripensamento di questo investimento e, comunque, ad un suo ampio ridimensionamento.

Dal tuo precedente osservatorio hai dovuto confrontarti con i limiti dell’iniziativa politica sui temi importanti per la Sardegna, ai diversi livelli istituzionali. Ora che ti prepari a poter rivestire un ruolo di rappresentanza così importante, quali riflessioni ti senti di fare ?

Non posso negare che, in questi anni, spesso mi è sembrato che la funzione delle rappresentanze parlamentari sarde non sia andata molto aldilà della testimonianza di un disagio sociale e della denuncia dell’arretratezza della nostra economia. Ho sempre pensato che occorra partecipare alla costruzione del sistema produttivo nazionale e che la Sardegna debba inserirsi nei grandi processi di sviluppo, abbandonando visioni localistiche  che – con lodevoli eccezioni – hanno spesso dominato l’azione delle nostre rappresentanze. Occorre pensare e lavorare ai prossimi 20/30 anni. Si può iniziare dalla realizzazione di investimenti finalizzati a bonificare i nostri territori, da Ottana al Sulcis, da Portovesme a Macchiareddu.  E dalla costruzione di un sistema produttivo più compatibile con l’ambiente. La questione delle entrate fiscali deve essere finalmente risolta, come condizione necessaria per ogni altro discorso. Ma sull’insieme di tali questioni mi riconosco nelle proposte che il PD sardo ha sviluppato in questi mesi. Ora, prima di ogni altra cosa, si tratta di sconfiggere Berlusconi ed il centro-destra.  

Sono certo che la portata di questa sfida non possa sfuggire alle cooperatrici ed ai cooperatori ed a tutti i cittadini della Sardegna.

 Intervista a cura di giorgio pintus, per www.legacoopsardegna.it

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