Intervista a Pino D’Antonio, presidente della Cooperativa Lariso
Intervista a Pino D’Antonio, presidente della Cooperativa Lariso

Ringraziamo Pino D’Antonio per aver accettato di rispondere alle nostre domande. L’esperienza della Cooperativa Lariso e il suo contributo allo sviluppo locale, il ruolo e le prospettive future della cooperazione sociale in Sardegna al centro della sua riflessione.

Presentazione

 

Pino D’Antonio è nato a Irsina (Matera) nel  1956. Si è formato a Roma, lavorando – mentre come universitario era impegnato nei movimenti studenteschi di quegli anni – alla nascita nel 1977 delle prime cooperative che si svilupparono sul terreno della salute mentale e contribuendo ai primi passi della legge Basaglia. Un’esperienza, quella della cooperazione, affrontata con lo spirito di chi considerava “la cooperativa una forma organizzata per la continuazione della politica con altri mezzi” e tuttavia sceglieva di confrontarsi su problemi aziendali e strategie di produzione con i funzionari della Legacoop di Roma (“non ci capivamo proprio”). Dal 1979 al 1988, ai tempi della giunta di Luigi Petroselli,  inizia ad operare come animatore culturale del Comune di Roma partecipando (lavoravamo “notte e giorno”) a quella straordinaria esperienza di vita culturale che fu promossa da Renato Nicolini e sviluppando  un interesse ancora vivo ed attuale per il cinema ed il teatro. Diventa sociologo e decide di trasferirsi in Sardegna dove, “senza alcuna rete”, si trasferisce dal 1988, vivendo a Nuoro ma viaggiando e lavorando in tutta la regione. Il suo primo incarico come sociologo lo riceve dall’Associazione degli industriali, che gli commissiona una ricerca sugli “effetti socio-economici della peste suina in Barbagia ed in Ogliastra”, nel quadro del primo piano di eradicazione della malattia promosso dall’Istituto Zooprofilattico della Sardegna. Intervista e frequenta i pastori del nuorese e vive con loro un’esperienza straordinaria per la conoscenza di quel territorio. Nel 1989 si dimette dal Comune di Roma (“una decisione che ho preso per la mia esigenza di un riscontro comunitario delle cose che fai, che la Sardegna mi ha offerto”) e inizia una collaborazione con i Comuni di Sarule e di Borore, come coordinatore dei servizi sociali. Promuove e contribuisce a fondare nel 1990 la Lariso prima come società di ricerca e poi, nel 1994, come cooperativa sociale, della quale è tuttora presidente. In veste di sociologo e di cooperatore ha diretto numerosi progetti di ricerca sociale di livello regionale e nazionale. Per il suo impegno di animazione sociale ed economica nel territorio è senz’altro uno dei punti di riferimento per la costruzione delle politiche territoriali per lo sviluppo nel nuorese ed a livello regionale. E’ coordinatore provinciale e dirigente nazionale di Legacoopsociali.

 

Lo ringraziamo per aver accettato di rispondere alle nostre domande.

 

 

Un anno di importanti attività e di riconoscimenti, per te e per la Cooperativa Lariso…

 

Si, è vero. È stata ed è una fase di lavoro molto fertile e creativa per noi. La considero come l’esito di un lungo percorso, nato da un sentimento comune ai soci della Lariso, un intreccio tra il bisogno di dare un valore alle cose che fai, la volontà di valorizzare il lavoro nei servizi sociali, la scelta di organizzare e gestire i servizi fuori da logiche di appartenenza, di non avere “né padroni né padrini” … in fondo, penso che la credibilità che abbiamo costruito come organizzatori di servizi nasca dalla scelta di far parlare i fatti. 

Colpisce molto, anche chi guarda dall’esterno, l’intensità del vostro impegno per lo sviluppo sociale del nuorese e l’ampiezza dei legami costruiti con il territorio … 

Io tengo moltissimo a che siamo riconosciuti come operatori del territorio: il nostro impegno per la qualità dei servizi che eroghiamo o che progettiamo cerca di rispondere non solo al bisogno immediato delle prestazioni attese dagli utenti ma anche alla speranza di affidamento che essi ripongono verso le Istituzioni. Hai diecimila modalità per declinare il tuo ruolo, dalla pura gestione fino alla scelta di interpretare una funzione nuova sia verso l’utente che verso le Amministrazioni. Parlo di utente in senso lato e, ovviamente, penso ai singoli, ai gruppi (i giovani …), alle comunità territoriali … Una funzione in cui cerchiamo di svolgere un ruolo positivo, propositivo e disinteressato … agito in modo condiviso. La forza della cooperativa sta anche nell’essere e sentirsi parte di un movimento, di una relazione con il territorio, nel quale ci sforziamo di realizzare un radicamento reale, di avere attenzione verso tutti i soggetti. In questa prospettiva, per esempio, non abbiamo mai visto i Comuni come controparti: non certo perché non ci siano mai stati problemi ma perché abbiamo sempre riconosciuto ai Comuni, come a noi stessi, il ruolo di chi cerca di servire lo sviluppo delle persone e del territorio.

 

Emergono dalle iniziative che intraprendete alcune idee forza che affermano in modo molto significativo un ruolo positivo e propositivo della cooperazione sociale …

 

Lo ripeto: per le ragioni che ho detto, per noi è essenziale il legame con i soggetti del territorio, con le istituzioni locali e regionali e, quindi, il  riconoscimento che ne consegue. Ma abbiamo anche cercato di contribuire all’affinamento del lavoro sociale e delle competenze delle figure professionali del sociale, realizzando una esperienza di formazione professionale, prima rivolta autonomamente agli operatori interessati e poi accreditata dalla Regione come ente di formazione. Purtroppo (ride di gusto …) “siamo arrivati nella formazione quando la festa era finita”. Aldilà dello scherzo, l’esperienza fatta ci porta a riflettere sull’opportunità per Lariso di realizzare un suo più incisivo ruolo sul terreno della formazione nel sistema delle professioni sociali.

Io mi chiedo anche perché non occuparci di ambiente, di agricoltura sociale, di turismo sostenibile ? Secondo me non solo per occupare persone “svantaggiate” ma anche per affermare una nuova idea di crescita, in un orizzonte di sviluppo locale che collochi la cooperazione oltre il ruolo di mero gestore dei servizi esistenti. Un’altra opzione della quale sono convinto è quella della prevenzione del disagio minorile, che nelle zone interne assume dei connotati particolari e delicati … Infine, invito a riflettere sul senso di vecchi confini ed appartenenze, quelli che hanno dato luogo all’attuale articolazione del movimento cooperativo. Da parte nostra e non da oggi, la scelta è stata quella di riconoscere l’autorevolezza e la qualità delle esperienze cooperative da chiunque avessero scelto di essere rappresentate e, noi che pure convintamente aderiamo alla Lega delle Cooperative, discutiamo di importanti progetti da realizzare insieme con cooperative aderenti alla Confcooperative.  

 

Quali nodi occorrerebbe affrontare, a tuo parere, per dare alla cooperazione sociale in Sardegna una chance di sviluppo maggiormente qualificato ?

 

Ti dirò in sintesi quello che penso dovremmo fare :

 

  1. Rinsaldare l’unitarietà della cooperazione, delle sue associazioni e del movimento cooperativo nel suo insieme;
  2. Rafforzare il peso politico della cooperazione;
  3. Lavorare ai nuovi scenari dell’imprenditoria sociale, promovendo l’aggregazione consortile, realizzando un ruolo dell’impresa sociale in mercati “nuovi” e trascurati: penso, per esempio, all’agricoltura sociale;
  4. Sviluppare una più forte capacità di innovazione, raccogliere le idee che fluttuano nell’aria e tradurle in pratica, in concreta realtà economica e sociale.

Non sarà semplice, ma penso che dovremmo concentrarci su questo ordine di obiettivi, ognuno dalla sua posizione e responsabilità, anche spogliandoci delle nostre specifiche appartenenze.

 

Il dibattito sulla qualità dello sviluppo è spesso oggetto di vostre interessanti iniziative: cosa significa per l’impresa sociale porsi tali preoccupazioni e darsi un simile orizzonte teorico ? Quale è il “limite” che un’impresa sociale deve darsi ?

 

In realtà non ci diamo limiti particolari, che non siano quelli che derivano dalle nostre specifiche condizioni. In questo ordine di discussioni, rivendico per la  cooperazione un senso di responsabilità sociale che noi abbiamo nella nostra identità costitutiva, nel nostro Dna. Non è solo una pur giusta affermazione di principio ma anche la quotidiana constatazione che il modello cooperativo si distingue positivamente rispetto alle altre forme di impresa proprio per il carattere non proprietario dell’impresa cooperativa. Probabilmente i nostri limiti più forti dipendono dalle debolezze del nostro sistema associativo, che di norma non ci offre grosse occasioni di confronto o di elaborazione. Direi che nella concretezza del fare imprenditoriale possiamo riconoscere diverse esperienze che racchiudono una particolare attenzione ai nuovi criteri dello sviluppo … la compatibilità ambientale, l’inclusione sociale, una certa sobrietà ed essenzialità nei prodotti/servizi realizzati, l’attenzione al riciclo dei beni ed al risparmio energetico … magari sono tratti ancora non pienamente affermati ma li considero significativi proprio rispetto alla sfida della costruzione di altre forme di sviluppo economico. Mi viene in mente l’esperienza del Villaggiocarovana a Castadias oppure quella del progetto H a Bolotana o ancora la cooperativa Cores, impegnata nel riciclo della carta o la Poiana di Nuoro 

A parte tutto ciò, sempre più mi convinco che occorre, anche perché la cooperazione possa davvero contribuire ad una nuova qualità dello sviluppo, un diverso modo di essere e di operare delle imprese sociali, in una forma e dimensione che a mio parere ha bisogno della loro aggregazione. Peraltro, si tratta di esperienze già realizzate in altre parti del Paese: spesso si tratta solo di avere la voglia e l’umiltà di chiamare qualcuno che le abbia già realizzate perché possa raccontarci come altrove sono stati affrontati e risolti i nostri stessi problemi. Poi, certo, non penso che il nostro compito si riduca a scopiazzare le esperienze altrui…

 

Hai appena partecipato al secondo congresso nazionale di Legacoopsociali, dal quale peraltro torni con i “galloni” da dirigente nazionale dell’Associazione. Quali impressioni ti sei portato con te, quali suggestioni vorresti riproporre a Nuoro ed in Sardegna ?

 

Non avevo mai partecipato prima ad un congresso nazionale della cooperazione. E’ stata una bella esperienza, di cui mi ha colpito la capacità di dare voce e rappresentanza alla cooperazione dell’intero Paese. E’ stata anche una straordinaria occasione di ascolto, di verifica della volontà di contare della cooperazione, della sua reattività anche alle proposte che sono venute dagli ospiti istituzionali. Ho apprezzato la capacità della direzione di Legacoopsociali di rispondere al ministro Sacconi con disponibilità, concretezza ed atteggiamento esigente. Si è discusso molto della crisi economica, con la consapevolezza che la cooperazione sociale con la “crisi di convive da sempre” e che in questa fase difficile si è rafforzato il suo ruolo sociale di garante dell’occupazione. Ho vissuto una discussione vera e un ruolo positivo dei delegati locali nel dibattito nazionale. Peraltro  le conclusioni del congresso hanno confermato le intuizioni di cui parlavo e la scelta di misurarci, anche in Sardegna, con l’economia locale ed i suoi scenari attuali e di prospettiva. Penso sia importante rafforzare le relazioni già costruite da Legacoopsociali in  Sardegna e sono fiducioso che anche l’estensione della rappresentanza sarda negli organismi nazionali potrà contribuire all’ampliamento degli spazi di confronto nell’ambito del nostro movimento.

 

In una recente intervista pubblicata in questo sito, il Presidente di Legacoop Antonio Carta – insieme ad apprezzamenti non formali per il ruolo della cooperazione sociale in Sardegna – ha espresso la valutazione che “la frammentazione non aiuta le cooperative sociali, anzi produce la loro debolezza. Piccoli non è sempre bello e non sempre funziona”. Cosa pensi a riguardo ?

 

Concordo pienamente. Il problema è come fare a superare la frammentazione. Io credo che gli strumenti esistano e che, talvolta, siamo noi a non utilizzarli. L’unica arma che noi abbiamo è “lavorare”, far contare di più le nostre cooperative e la stessa Legacoopsociali. Abbiamo bisogno che Legacoopsociali dialoghi ancora di più e che elabori e riproponga le migliori esperienze e le pratiche più avanzate. Mi viene da pensare al ruolo che potrebbe svolgere CoopFond  per la crescita della cooperazione anche in Sardegna.

 
Progetti per il futuro ?

 

Abbiamo appena concluso la seconda edizione di Civitas, la fiera regionale della cooperazione sociale. Una esperienza bella e significativa, cui ha partecipato un’ampia rappresentanza delle cooperative sociali. Ecco … vorrei che quella diventasse un’iniziativa di tutti i movimenti della cooperazione sociale. Potrebbe diventare un evento annuale o biennale dell’intero movimento cooperativo. La cooperativa Lariso sarebbe lieta di mettere la propria esperienza a disposizione di un tale progetto.

 

Grazie e buon lavoro

 

A cura di giorgio pintus per www.legacoopsocialisardegna.it

 

Fotografia di Daniele Mulas 

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