Il profilo dell?educatore: un groviglio che si può sciogliere
Il profilo dell?educatore: un groviglio che si può sciogliere

Pubblichiamo un contributo della redazione sulla complicata questione del riconoscimento dell’educatore senza titolo, nello scenario riaperto dall’Accordo tra Stato, Regioni e Province autonome dell’11 febbraio 2011. Segue …

Nel corso del recente dibattito in Consiglio regionale sull’approvazione della legge del 14 luglio 2011 sul personale, la Giunta regionale della Sardegna ha depositato un emendamento sul profilo dell’educatore che – per quanto abbiamo capito –  se posto in discussione e approvato, avrebbe determinato un blocco nel lavoro di numerosi servizi sociali e la messa a rischio di centinaia di posti di lavoro. 

In sintesi, l’emendamento della Giunta (in allegato), fortunatamente non portato in votazione, prevede che gli educatori non provvisti dello specifico titolo possano lavorare solo fino al 31 dicembre 2015 e  “solo nella struttura socio-assistenziale o nel servizio territoriale  in cui si svolge l’attività lavorativa alla data dell’approvazione della presente norma.”

Vogliamo sperare che la mancata messa in votazione dell’emendamento sia il sintomo di un ripensamento, seppure tardivo e non, invece, di un differimento solo tattico, magari suggerito dalle asprezze del confronto instauratosi sul tema della stabilizzazione dei precari.

Avendo ascoltato l’opinione di alcune imprese sociali, dirigenti di associazioni cooperativistiche e sindacalisti del settore pubblico, emerge la ragionevole e condivisa certezza che l’unico effetto di tale normativa, se introdotta, sarebbe il caos nella gestione di numerosi servizi educativi e la messa a repentaglio del lavoro degli educatori “senza titolo”, senza alcun beneficio sotto il profilo del perfezionamento del loro profilo professionale.

Con queste righe desidero fornire un contributo sulla questione, confidando di contribuire alla conoscenza di un groviglio che francamente dura da troppo tempo.

Sarà poi il lettore a decidere se e come questa materia possa essere assunta come un emblema della difficoltà del nostro sistema formativo e di riconoscimento professionale nell’affrontare situazioni complesse. 

Nello specifico, la condizione attuale è data dal fatto che l’educatore è formato attraverso due percorsi universitari paralleli, affidati uno al corso di laurea in Scienza della Formazione (“classe L 19 – Scienze dell’educazione e della formazione”)  l’altro alla Facoltà di Medicina e Chirurgia (“classe 2 – professioni sanitarie della riabilitazione”), con l’effetto di un inevitabile problema di coordinamento, normativo e pratico, nello sbocco dei due profili nel mercato del lavoro. Un problema minimizzato in Sardegna per il semplice fatto che il corso in medicina da noi non è mai stato attivato: minimizzato ma non assente, se qualche ASL, nel recente passato, ha indetto gare d’appalto che indicavano il titolo rilasciato da medicina (di fatto non reperibile in Sardegna !) per il fabbisogno del profilo dell’educatore nei servizi oggetto d’appalto.

Nei grandi numeri, prima che il profilo dell’educatore assurgesse alla dignità del titolo di laurea, gli operatori sono stati formati attraverso percorsi diversi.

Percorsi variamente modellati a seconda dell’esperienza maturata sul campo,  nella concreta partecipazione ai servizi socio-educativi  magari accompagnata da intense seppure non sistematiche o non riconosciute attività formative "aziendali", passando  per  corsi regionali di formazione professionale, di durata e consistenza variabile, fino ai corsi attivati in passato da qualche USL.

In sostituzione dell’educatore si è fatto largamente ricorso anche al profilo del pedagogista, in taluni specifici casi a quello dello psicologo nonchè a svariati altri profili di laureati o diplomati, se accompagnati da titoli particolari (per esempio, l’abilitazione all’insegnamento) o, soprattutto, da prolungate esperienze maturate sul campo.

Quindi una gamma di percorsi e di profili, riconosciuti e non riconosciuti, adattatasi nel corso di trent’anni alle evoluzioni normative e della domanda dei servizi, nella cui vicenda si sono consumati molti silenziosi processi di esclusione, realizzate svariate alchimie contrattuali (la più esplicita rappresentata dalla distinzione tra educatori con e senza titolo nei principali contratti di lavoro del settore a partire dal CCNL delle Cooperative sociali (link), impiegate ingenti risorse destinate a diverse attività di formazione professionale di incerta finalità ma sempre motivate dalla spinta degli educatori al conseguimento di un riconoscimento definitivo dei propri status professionali.

Un processo segnato da centinaia di capitolati d’appalto di orientamento talvolta contraddittorio, per non dire delle differenti giustificazioni date da numerosi Comuni e da qualche Provincia alle proprie scelte di convenzionamento diretto e poi di “stabilizzazione” degli educatori precari.

Su tutto ciò si proietta l’ombra lunga della mancata attuazione dell’art. 12 della legge 328/2000 ("Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali")  che affidava la definizione dei profili delle figure professionali sociali ad un successivo decreto del Ministro per la solidarietà sociale, mai emanato dai Governi di diverso segno che da allora si sono succeduti.

Ad evitare appesantimenti non necessari, grazio i lettori di questa nota di ogni approfondimento della norma per il riconoscimento dell’equipollenza tra i vari titoli e profili (disponibile in allegato).

Così come, per quanto riguarda l’intreccio con i temi del riconoscimento di altri profili professionali di area sanitaria, rinvio alla lettura delle principali elaborazioni dei sindacati di settore (www.fpcgil.it, www.fp.cisl.it, www.uilfpl.it).

In questo complicato scenario, il mio convincimento è che la soluzione stia nell’attuazione del  meccanismo del “riconoscimento dell’equivalenza ai diplomi universitari dei titoli del pregresso ordinamento”,  previsto lo scorso 10 febbraio  2011 con un Accordo della Conferenza tra Stato, Regioni e Province autonome.

Si tratta, in sintesi, di un dispositivo (già previsto da un’analogo Accordo del  dicembre 2004,   anche quello mai applicato) che, se e quando attuato, permetterà  agli operatori che possano vantare un certo periodo di esperienza professionale e/o idonei titoli di formazione di vedere valutata, esclusivamente ai fini dell’esercizio professionale autonomo o subordinato, l’equivalenza del proprio profilo ai titoli universitari oggi richiesti per lo svolgimento della funzione di educatore professionale.

Tutto ciò sulla base dei criteri e delle procedure chiaramente individuati dall’Accordo stesso (segnatamente agli artt. 2, 3, 4, 5, 6 e 7), con un ruolo attivo della Regione nell’istruttoria delle istanze individuali e nella valutazione dei corsi di formazione previsti dai precedenti ordinamenti, in forza di un decreto che dovrà essere emanato dal Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art. 10 del medesimo accordo.

Dovremmo auspicare che questo dispositivo, dopo essere  stato condiviso dalla Regione sarda – che dobbiamo presumere sia parte attiva e propositiva del processo istituzionale che si sviluppa nell’ambito della Conferenza unificata possa essere concretamente portato ad una rapida attuazione.

Chi scrive, essendosi occupato in una vita precedente della definizione di un accordo sindacale in materia (in allegato, vedi art. 8), aveva tentato di portare ad attuazione il dispositivo, già presente nel precedente accordo del 16 dicembre 2004, purtroppo senza un risultato risolutivo.

Non mi è dato capire perché quell’impegno non sia stato mantenuto, peraltro non potendosi sostenere che la Regione, nella scorsa legislatura, sia stata indifferente all’esigenza del rafforzamento delle competenze professionali degli operatori del Terzo settore.

Infatti, nel 2008, attraverso una qualificata iniziativa di formazione professionale (programma Auxilium), è stata realizzata un’impegnativa  azione formativa, che prevedeva anche  misure specifiche rivolte agli educatori, rivolta a “contribuire all’aggiornamento degli operatori del Terzo Settore e alla creazione  di alcune condizioni culturali e organizzative tali da garantire un governo del sistema sociale efficace, integrato e coerente con le politiche regionali attraverso lo sviluppo di competenze professionali funzionali allo sviluppo della programmazione e valutazione delle politiche sanitarie e sociali, alla crescita organizzativa, alla modernizzazione e all’integrazione dei  servizi e al miglioramento della qualità assistenziale”

Resta il fatto che, naturalmente, la partecipazione degli educatori “senza titolo” a quel percorso non potesse produrre il conseguimento di alcuna qualifica professionale.

Anche per questo, nel 2009 è stata introdotta con l’articolo 15 della Legge regionale 7 agosto 2009, n. 3Disposizioni urgenti nei settori economico e sociale”, una norma (elaborata dall’allora Dirigente delle politiche sociali, autorevole ed esperto quindi tempestivamente accantonato dall’attuale Giunta) con la quale, nelle more di una più ampia risoluzione del problema, si stabiliva che gli educatori di ruolo e non di ruolo e i titolari di servizi educativi per la prima infanzia, in possesso di diploma di scuola media superiore anche ad indirizzo non educativo che hanno maturato, alla data di entrata in vigore della presente legge, almeno cinque anni di esperienza lavorativa nei servizi territoriali socio-assistenziali e/o sanitari pubblici e privati nello svolgimento delle funzioni di educatore nei settori sociale e sanitario.” 

In questo scenario, si è affacciato in Consiglio regionale questo emendamento della Giunta che si colloca nella vicenda con la stessa armonia con cui un gruppo di mamuthones prenderebbe il sole ad agosto nel nostro Poetto.

Allora, con tutti questi presupposti, ai quali si può aggiungere la constatazione dell’assoluta sterilizzazione del processo di riforme avviato dalla precedente Giunta e, in particolare, dall’Assessore Nerina Dirindin, il sommesso suggerimento che verrebbe da avanzare alla nostra Giunta regionale è di “quieta non movere” e di attendere il DPCM di cui all’art. 10 dell’Accordo del 10 febbraio 2011.

Potrebbe bastare, insomma, che questa nostra Amministrazione continui a non dare mostra di attivismo e che – per favore – non si muova, accantoni definitivamente quell’orribile emendamento, promettendo con un solenne giurin giuretto di non infilarlo in nessuna legge di prossima discussione.

Si attenga, insomma, alla regola di quel tale che raccomandava Quanto può dirsi, si può dir chiaro; e su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere”.

Tuttavia, nonostante tutto, da tempo ritengo che sia necessario non solo un presidio ma un rilancio delle politiche sociali in Sardegna.

E, quindi, se la Giunta fossa assalita da un tremito di ottimismo della volontà, allora potremmo immaginare che si impegni a realizzare qualche misura condivisa, compresa un’azione di accompagnamento all’Accordo del 10 febbraio e di preparazione della Conferenza dei servizi che dovrà essere indetta dal Ministero della Salute sulla base dell’art. 7 comma 5 dell’Accordo medesimo. 

Un’azione che potrebbe consistere perlomeno in tre misure:

– una valutazione ed un monitoraggio complessivo dei pregressi titoli formativi rilasciati dalla formazione professionale e attualmente rilasciati dai canali di formazione universitaria, utili per lo svolgimento delle funzioni riconducibili  alla figura dell’educatore professionale nel settore dei servizi sanitari, socio-assistenziali e socio-sanitari;

– un monitoraggio preliminare degli educatori senza titolo residenti nella regione, potenzialmente interessati all’attuazione dell’Accordo del 10 febbraio 2011;

– un’iniziativa di sensibilizzazione delle Università degli studi di Cagliari e di Sassari, rivolta alla successiva attivazione del  “percorso di compensazione formativa”, in base ai criteri che devono essere individuati dal Ministero dell’istruzione, dell’università’ e della ricerca.

Mi limito a constatare l’involontaria ironia insita nell’immagine del nostro Presidente del Consiglio chino e pensieroso sui problemi degli educatori, per cui nelle more dell’emanazione dell’atteso DPCM,  tra vidiri e svidiri, suggerirei anche che la Regione, d’accordo con le Università degli Studi di Cagliari e di Sassari, contribuisca alla realizzazione di condizioni di facilitazione didattica ed organizzativa per il conseguimento, da parte degli educatori senza titolo che ne avanzino richiesta, della laurea in Scienza dell’educazione, fondato sul pieno riconoscimento dei crediti formativi derivanti dalle esperienze professionali maturate e dai titoli formativi posseduti (per i cultori della materia, secondo le previsioni dell’art. 5, comma 7, del D.M. 270/2004 – Modifiche al regolamento sull’autonomia didattica degli Atenei).

In quest’ultimo modo, praticamente, l’Amministrazione regionale – non potendo garantire che il Governo nazionale, come in mille altri casi ben più eclatanti, attui per davvero gli impegni che pure ha già sottoscritto con le Regioni e con le Province autonome – avrebbe l’onestà di avvertire tutti gli educatori del  fatto che, pur assumendo in pieno l’obiettivo di accompagnare il riconoscimento dell’equivalenza, c’è un interesse generale a porre la parola fine a questa interminabile vicenda.

Essendo chiaro a tutti che il fabbisogno di educatori oggi può e deve essere sopperito, al meglio delle potenzialità del sistema, attraverso il percorso universitario vigente.

Da parte mia, auguro a tutti gli educatori (con e senza titolo) un buon periodo di studio e lavoro, in preparazione di tempi migliori.

Giorgio Pintus

Documentazione di riferimento

Accordo stato-regioni 10 febbraio 2011.pdf
Accordo stato-regioni 16 dicembre 2004.pdf

Emendamento Giunta regionale su educatore.pdf

Accordo OOSS- Regione 23 ottobre 2007.pdf

DM 520 – 8 ottobre 1998 su profilo educatore.pdf

DM 27 luglio 2000 su equipollenza educatore professionale.pdf

D.M. 270/2004 
Modifiche al regolamento sull’autonomia didattica degli Atenei”
Legge regionale 7 agosto 2009, n. 3
Disposizioni urgenti nei settori economico e sociale”
Legge 328 – 2000 "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali"

 

Condividi sui Social Network