Si è concluso il Congresso della Confederazione Europea dei Sindacati (Atene, 16-19 maggio 2011). Forte preoccupazione per la gestione della crisi da parte delle istituzioni europee. Al Congresso di Atene CGIL, CISL e UIL hanno contribuito in modo unitario. Segue
Il Congresso della Confederazione Europea dei Sindacati
Atene, 16-19 maggio 2011
European Trade Union Confederation (ETUC)
Il contributo di CGIL, CISL, UIL al Congresso di Atene
EUROPA federale, solidale e coesa
La gestione della crisi da parte delle Istituzioni europee e, in particolare, del Consiglio, sta segnando una fase molto bassa del processo di integrazione europea, e si mostra tra l’altro incoerente con la scelta del Mercato Unico prima, della Moneta unica poi e con l’assunzione nel Trattato della Carta dei diritti fondamentali. L’eccesso di neoliberismo sta snaturando il progetto originario di integrazione europea. La crisi finanziaria ha innescato una crisi più generale dell’Europa la cui soluzione sembra molto lontana. La risposta intergovernativa, caratterizzata da approcci legati quasi esclusivamente agli interessi di breve periodo dei governi dei paesi membri, ha prodotto interventi tardivi e contradditori nei confronti degli Stati membri più in difficoltà. Il ritorno a politiche di rigore monetario è avvenuto invece in maniera affrettata e senza una valutazione complessiva del peggioramento indotto dalla crisi, in particolare per quanto riguarda la coesione economica e sociale dell’UE: in effetti, le diversità tra paesi e tra regioni, già aggravate dalla crisi, si sono ulteriormente approfondite con le decisioni relative al ritorno alla disciplina di bilancio, in particolare con l’inasprimento del Patto di stabilità attraverso il Patto Euro-Plus.
La gestione delle mediazioni in sede di Consiglio, oltre a non tener conto del perdurare della crisi dell’economia reale e dell’occupazione, ha privilegiato un approccio che può esser definito solo come l’accettazione della logica del più forte. Tutte le misure prese, infatti, da quelle per salvare i bilanci degli stati in difficoltà a quelle per rilanciare il rigore macroeconomico e finanziario, da un lato premiano gli stati che hanno saputo comunque reggere alla pressione della crisi e hanno dati macroeconomici considerati "sani" e, dall’altro, penalizzano e assegnano multe ai paesi più in difficoltà strutturale. Il Fondo di stabilità finanziaria e il Meccanismo europeo di stabilità permanente che lo sostituirà non sono strumenti di compensazione solidale rivolti allo sviluppo dei paesi e delle aree più arretrate che più soffrono della crisi. Pertanto, il Consiglio, oltre a seguire la logica del più forte, è venuto meno a quell’imperativo del Trattato (articolo 175) che impone di integrare l’obiettivo della coesione economica, sociale e territoriale in tutte le politiche dell’Unione.
Oltretutto, gli effetti delle scelte "anti-crisi" non aiutano l’UE a rientrare nel gioco della competitività mondiale, mentre l’euro resta esposto alle speculazioni della finanza selvaggia, così come fragili restano i paesi colpiti dalla speculazione.
Tutto questo ha a che fare con scelte sbagliate e con egoismi nazionali, con l’emergere di atteggiamenti nazionalistici, il dilagare di sentimenti di disaffezione da parte dei cittadini nei confronti dell’UE e del suo processo di integrazione. Così si rischia una vera emergenza democratica per l’Europa.
Siamo convinti che il modello sociale europeo debba essere difeso e promosso attraverso sistemi più strutturati di welfare, di contrattazione collettiva, di accesso ai servizi di interesse generale (oggi sotto attacco), eliminando la competizione fiscale ed il livellamento verso il basso dei sistemi sociali e delle condizioni di lavoro che producono dumping tra paesi e aumento dell’esclusione sociale e della povertà.
Senza un rilancio dello spirito originario della costruzione dell’Europa, basata su solidarietà, sviluppo e coesione, non sarà possibile difendere la dimensione sociale dell’UE.
E’ quindi urgente ritornare a progettare un percorso per l’integrazione che rafforzi le istituzioni UE e renda comuni tutte le politiche essenziali, che istituisca una vera e propria politica economica comune favorevole alla crescita e creatrice di lavoro, garantisca la coesione economica sociale e territoriale, si proponga una gestione unitaria e solidale delle migrazioni, elimini il voto all’unanimità e renda trasparenti tutte le decisioni, anche quelle più difficili, attraverso la partecipazione e il negoziato con il sindacato e gli altri attori sociali interessati, rilanciando il dialogo sociale europeo. La CES non può più sottrarsi all’assunzione di una responsabilità propria nella definizione di un nuovo progetto politico e istituzionale per l’UE.
Subito dopo il Congresso di Atene la CES dovrebbe concentrare il suo dibattito interno sulla prospettiva istituzionale dell’UE, perché solo superando l’attuale dinamica negativa tra Stati membri, le rivendicazioni sindacali avranno più spazio nelle politiche delle Istituzioni europee e nelle decisioni che si assumeranno, dando seguito allo sforzo di proposta e di mobilitazione di cui la CES ha dato grande prova negli ultimi anni.
Il sindacato europeo non sarà solo in quest’impresa. Molti elementi sono già in discussione in circoli politici e nei movimenti pro-europei: li troviamo, ad esempio, nella proposta del Rapporto Lamassoure che auspica, tra l’altro, la messa in comune della politica estera e di difesa e nella recente deliberazione del "Consiglio UE Ombra" del gruppo Spinelli che raggruppa deputati europei e personalità che hanno a cuore lo sviluppo dell’Europa insieme a quello dell’Europa sociale e insistono sulla necessità di aumentare il bilancio comune fino ad almeno il 3% del Pil dell’UE, utilizzando anche il gettito della tassa sulle transazioni finanziarie e sul CO2 e aggiungendo una significativa emissione di bond europei per la crescita e gli investimenti.
Mettere all’ordine del giorno del lavoro sindacale europeo le questioni istituzionali non significa entrare in un campo che non ci compete ma, al contrario, legare strettamente la risposta ai gravi problemi quotidiani dei lavoratori sollecitando il cambiamento necessario nell’interlocutore istituzionale e nel contesto delle regole dentro le quali si muove. Significa, soprattutto, cercare modalità e strumenti per restituire speranza e partecipazione ai cittadini e ai lavoratori, riaffermando che l’Europa è una grande opportunità di crescita economica e sociale.
CGIL, CISL, UIL
L’ordine del giorno conclusivo (in inglese ed in francese)
Il documento integrale (in .pdf) è allegato.
The ETUC Congress approves the Athens Manifesto which sets next four years priorities
The General Secretary of the European Trade Union Confederation (ETUC) Bernadette Ségol has presented to the Congress the Athens Manifesto, which will be the road map of the organisation.
With the approval of the Athens manifesto the ETUC asserts that wages are not the enemy of the economy but its motor and that the autonomy of social partners in collective bargaining must be respected, denouncing the danger of the “Euro Plus pact”.
The ETUC will fight for a European New Deal for workers against austerity governance and for a European economic governance that serves the interests of the European people and not the markets, for a coordinated plan against youth unemployment and to prioritise the improvement of working conditions of all European workers.
The ETUC commits to demand effective and stringent regulation of financial markets and ratings agencies and to campaign and claim that fundamental social rights take precedence over economic freedoms and consequently enshrine this principle in a Social Progress Protocol in European treaties, in a revised Posted Workers Directive and in internal market regulation known as “Monti II”. An action day has been approved to promote the Manifesto’s aims.
Le Congrès de la CES a approuvé le Manifeste d’Athènes qui établit les priorités pour les quatre ans à venir
La Secrétaire générale de la Confédération européenne des syndicats (CES), Bernadette Ségol, a présenté le manifeste d’Athènes au Congrès, document qui sera la feuille de route de l’organisation.
En approuvant le manifesto d’Athènes, la CES affirme que les salaires ne sont pas l’ennemi de l’économie mais en sont le moteur et que l’autonomie des partenaires sociaux dans les négociations collectives doit être respectée. Le manifeste dénonce également le « Pacte Euro-Plus ».
La CES se battra pour un « New Deal » européen en faveur des travailleurs, contre la gouvernance de l’austérité et pour une gouvernance économique européenne au service des peuples européens et non des marchés, pour un plan coordonné contre le chômage des jeunes et de d’améliorer les conditions de travail de tous les travailleurs européens.
La CES exige une régulation efficace et rigoureuse des marchés financiers et des agences de notation et de faire campagne pour que les droits sociaux fondamentaux aient priorité par rapport aux libertés économiques et, donc, garantir ce principe dans un Protocole de progrès social dans les traités européens, dans une Directive sur le détachement des travailleurs révisée et dans une réglementation du marché intérieur, connue sous le nom de « Monti II ».