Il Cnel, il Consiglio Nazionale Economia e Lavoro, ha presentato il Rapporto sul mercato del lavoro 2011 – 2012.
Il Cnel sostiene che ”senza una svolta dal versante delle produttivita’, potrebbero prevalere pressioni deflazionistiche sui salari e sui redditi interni, assecondate da politiche fiscali di segno restrittivo”, invece stando così le cose il Cnel stima che nel 2020 i disoccupati in Italia potrebbero crescere di circa 1,5 milioni di unità rispetto al 2011.
”All’incremento della partecipazione al mercato del lavoro (111.000 forze di lavoro femminili e 202.000 nuovi attivi immigrati), probabile effetto delle perdite di reddito familiare e del conseguente fenomeno del ”lavoratore aggiuntivo”, si riflette un progressivo aumento del tasso di disoccupazione, cominciato dagli ultimi mesi del 2011. Si calcola che tra il 2011 e il 2020 il numero dei disoccupati aumentera’ di oltre 1,5 milioni di persone per la popolazione d’eta’ compresa tra 15 e 66 anni con una forte riduzione dei giovani attivi italiani (oltre 515.000 persone) e degli adulti fino a 54 anni, compensata dall’aumento dalla crescita della forza lavoro immigrata (oltre 1,3 milioni di persone) e soprattutto delle forze lavoro anziane”.
In 50 anni- segnala il Cnel – ”la percentuale di anziani passerebbe dal 15,3% al 26,8% della popolazione, determinando una riduzione del peso delle altre classi d’eta’ dagli importanti effetti sui rapporti intergenerazionali. Coloro che piu’ hanno subito le conseguenze della crisi sono i giovani. Tra i piu’ colpiti, quelli con un titolo di studio basso (-24,8% tra chi ha solo la licenza media); i residenti nelle regioni meridionali (-19,6%); i lavoratori a tempo indeterminato (-19,3%) e quelli a tempo pieno (-17,9%).
È cambiata la composizione dell’occupazione per figure professionali. Se durante gli anni novanta si era osservato un progressivo orientamento della domanda di lavoro verso le componenti più qualifi cate, associato alla crescente terziarizzazione, a partire dagli anni duemila si è registrato un progressivo spostamento verso figure con livelli di competenza minori, poco qualificate. Alla crisi dell’industria è da ricondurre la perdita di peso delle figure medium-skilled come gli artigiani e gli operai specializzati; lo stesso si è osservato per le figure meno specializzate. In controtendenza è invece la domanda di lavoro per le professioni non qualifi cate; in parte, l’aumento di peso di queste fi gure sull’occupazione complessiva riflette anche fattori di offerta, come il persistente flusso migratorio e la presenza elevata di lavoratori stranieri nelle occupazioni non qualifi cate. Un simile scenario suggerisce la presenza di una distorsione nella dinamica delle competenze nel nostro Paese, dove l’incremento di occupati con istruzione terziaria che si è osservato negli ultimi anni non viene adeguatamente assorbito dalla crescita delle professioni ad elevata specializzazione, tradizionalmente composte da chi ha conseguito almeno la laurea. Ne consegue un basso livello di valorizzazione del capitale umano in Italia, testimoniato dall’elevata incidenza dei lavoratori che risultano sotto-inquadrati rispetto ai livelli di istruzione conseguiti. Il rischio di depauperamento del capitale umano è quindi elevato, e comporta una perdita netta per lo sviluppo economico del Paese.
Presentazione del Rapporto sul mercato del lavoro 2011 – 2012
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