A Roma, nella sede Crui, da parte del direttore di AlmaLaurea Andrea Cammelli si è svolta la presentazione del XII Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati italiani. Lo studio ha coinvolto oltre 210mila laureati delle 49 università italiane.
IL RAPPORTO 2010
A livello generale, la situazione quest’anno risulta particolarmente preoccupante: lievita sensibilmente la disoccupazione rispetto all’anno passato non solo fra i laureati di primo livello (dal 16,5 al 22%), ma anche fra i laureati specialistici biennali (dal 14 al 21%). La quota di lavoro stabile si contrae ulteriormente, così come il livello delle retribuzioni. E l’andamento negativo si conferma anche nel medio periodo, a tre e cinque anni dalla laurea.
La lettura dei risultati qui presentati a livello “locale” non può dunque prescindere da questo contesto nazionale.
“L’attuale sottoutilizzazione del capitale umano migliore che esce dal sistema universitario rappresenta oggi una vera e propria emergenza” dichiara Andrea Cammelli, direttore di AlmaLaurea e professore di Statistica dell’Università di Bologna. “E’ necessaria una riflessione di ampio respiro su questo versante, evitando i catastrofismi, ma anche la politica dello struzzo. Ciò che fa la differenza nella possibilità di uscita dalla crisi del Paese in un ruolo competitivo nel contesto internazionale è la consistenza e la qualità del capitale umano. Se è vero che ricerca è uguale a sviluppo e sviluppo è uguale a occupazione, obiettivo prioritario è investire di più in formazione e ricerca, come fanno tutti i paesi più avanzati. Occorre facilitare l’innesto nelle imprese, soprattutto medie e piccole, di alte competenze: seri studi dimostrano che un laureato di qualità può cambiare profondamente l’impresa senza intaccare il ruolo dell’imprenditore e farlo sentire espropriato”.
Nel caso dell’Ateneo di Cagliari, inoltre, si deve considerare la situazione del Mezzogiorno e il divario, dal punto di vista occupazionale, tra Nord e Sud come testimoniato da AlmaLaurea nelle indagini sul complesso dei laureati.
Per i titoli di primo livello, la prosecuzione degli studi con la laurea specialistica contraddistingue in particolare i laureati del Sud, i quali si dichiarano iscritti ad un corso di secondo livello, indipendentemente dalla condizione lavorativa, nella misura del 62% (contro il 52,5% del Nord). L’indagine consentirà alle università aderenti al Consorzio AlmaLaurea di disporre tempestivamente della documentazione richiesta dal Ministero con il decreto sulla trasparenza (DM 544/2007; DD 61/2008). L’intera documentazione è disponibile su: www.almalaurea.it.
I NEOLAUREATI DI PRIMO LIVELLO DELL’ATENEO DI CAGLIARI ALLA PROVA DEL LAVORO
L’indagine ha coinvolto i 2.227 laureati di primo livello dell’intero anno solare 2008 dell’Ateneo di Cagliari, intervistati nel 2009, a un anno dalla laurea. Il tasso di risposta è molto elevato: 93%.
Ancora oggi rimane molto complesso stabilire le tendenze del mercato del lavoro basandosi sul collettivo dei laureati di primo livello essenzialmente per due ragioni: manca la possibilità di un’analisi nel medio e lungo periodo; si tratta di giovani che nella maggioranza dei casi continua gli studi, rimanda cioè al post-laurea di tipo specialistico il vero ingresso nel mondo del lavoro. Quest’ultima osservazione è ancora più vera per i neolaureati di primo livello dell’Ateneo di Cagliari: 70 su cento continuano la formazione con la laurea specialistica, più della media nazionale del 57%.
Chi è occupato: 30,2%
Lavorano poco più di 30 neolaureati su cento, un valore inferiore alla media nazionale del 46%. Tra gli occupati, il 16,5% è dedito esclusivamente al lavoro, il 13,7% coniuga la laurea specialistica con il lavoro.
Chi continua gli studi: 69,8%
Continuano gli studi quasi 70 laureati su cento: il 56,1% è impegnato esclusivamente nella laurea specialistica, mentre, come si è detto, il 13,7% studia e lavora.
Chi cerca lavoro: 11,2%
Undici laureati di primo livello su cento – la media nazionale è del 9% – non lavorando e non essendo iscritti alla laurea specialistica, si dichiarano alla ricerca di lavoro.
Il lavoro stabile (contratti a tempo indeterminato e lavoro autonomo) coinvolge, a un anno dalla laurea, 39 laureati su cento di primo livello di Cagliari (la media nazionale è del 42,5%).
Il lavoro atipico (contratti a tempo determinato, collaborazioni, ecc.) coinvolge 42 laureati su cento dell’Ateneo di Cagliari (la media nazionale è del 40%).
Il guadagno (sintesi tra chi lavora esclusivamente, la maggioranza, e chi studia e lavora) si attesta su valori inferiori alla media nazionale: a un anno dalla laurea i laureati di primo livello dell’Ateneo di Cagliari guadagnano 899 euro contro i 1.020 del complesso dei laureati. Le laureate dell’Ateneo di Cagliari, come avviene a livello nazionale, risultano penalizzate: guadagnano 821 euro mensili netti contro i 1.025 degli uomini.
L’indagine ha coinvolto i 690 laureati specialistici biennali dell’intero anno solare 2008 dell’Ateneo di Cagliari, intervistati nel 2009, a un anno dalla laurea. Il tasso di risposta è, anche in questo caso, molto elevato: 92%.
Chi è occupato e chi cerca lavoro si divide quasi a metà: lavora il 39% e una quota di poco superiore (42%) invece cerca lavoro. Ma c’è anche il 19% dei laureati che continua la formazione. Nel confronto nazionale, come è stato riscontrato dalle indagini AlmaLaurea ad un anno dal conseguimento del titolo, pesa per il Mezzogiorno il contesto economico e produttivo: non sorprende dunque che il tasso di occupazione nazionale sia più elevato (57%).
La prossima indagine sarà estesa ai laureati specialistici a tre anni dal titolo: i risultati nel medio periodo potranno restituire performance migliori. A un anno dalla laurea, il lavoro è stabile per il 31% dei laureati dell’Ateneo di Cagliari, meno della media nazionale del 38%. Il lavoro atipico coinvolge il 49% (la media nazionale è del 44%).
Il guadagno è inferiore alla media nazionale: 960 euro mensili netti contro i 1.115 del complesso dei laureati specialistici.
Le laureate dell’Ateneo di Cagliari, come avviene a livello nazionale, risultano anche in questo caso penalizzate: guadagnano 838 euro mensili netti contro i 1.123 degli uomini.