La Sardegna ha bisogno della cooperazione.
La Sardegna ha bisogno della cooperazione.

Intervista con il nuovo presidente di Legacoop Sardegna, Claudio Atzori, sulla realtà della cooperazione in Sardegna. Tra nuove aggregazioni e necessità di regole per il credito. Intervista dal mensile Sardinews, diretto da Giacomo Mameli

Nel momento più difficile per il tessuto imprenditoriale sardo negli ultimi vent’anni, Claudio Atzori eredita la guida di Legacoop Sardegna, la principale associazione datoriale che raggruppa le cooperative nell’Isola. Una rete di aziende diffuse capillarmente, per territori e tipologia di attività, che sta mostrando una capacità di resistenza superiore ad altre forme aggregative.

Come sta reggendo il mondo cooperativo alla crisi? È vero che si sta dimostrando più elastico di altri sistemi in questa fase?

La cooperazione sta reggendo per la sua specificità societaria, ma sta consumando le riserve societarie che ha messo da parte negli anni buoni, senza rinunciare ad investire e soprattutto senza diminuire l’occupazione, mantenendo quindi le professionalità aziendali costruite nel tempo. Il dato ufficiale sui fondi utilizzati in Sardegna per la Cassa Integrazione la dice lunga, solo il 3,4% è stato richiesto per il lavoro nel mondo della Cooperazione. La Cooperazione ha puntato e continua a puntare sui soci, quindi sulle persone, non mette al centro la distribuzione dei capitali ma la continuità occupazionale. Non è quindi un caso che nel mondo del lavoro delle Cooperative il contratto a tempo indeterminato la faccia da padrone con percentuali oltre l’80%.

“Fate presto” è il monito di Confindustria e sindacati al Parlamento per uscire dallo stallo. Anche le cooperative ritengono che la nascita di un governo non sia più rinviabile? E cosa deve fare questo governo rispetto ai precedenti?

Serve un Governo e serve subito, ma serve un Governo capace di invertire il modo di operare, che sappia rimettere al centro l’impresa ed il lavoro nell’impresa, che operi con un taglio netto alla macchina pubblica, senza nuove imprese e nuovo lavoro nel privato non reggiamo più. Serve un Governo che rimetta il costo della macchina pubblica in linea con le maggiori potenze europee, che avvii una discussione seria sul taglio dei costi della macchina pubblica. Non basta parlare di sprechi della politica, che risolve una questione etica ma non quella economica, serve tagliare i costi eccessivi dell’intera macchina per liberare risorse per le imprese e per l’occupazione.

 In Sardegna la Giunta Cappellacci sta preparando la Finanziaria. Vi convince? Dove bisognerebbe agire subito e con maggiore efficacia?

La nostra è una regione che non ha margini per gli investimenti, è una finanziaria che tiene in piedi i costi fissi della struttura, di Enti e agenzie che ormai sono diventati dei mostri e soprattutto inutili. Va bene la battaglia per ridisegnare il limite del Patto di stabilità interno, ma le maggiori risorse non incidono su nuovi investimenti per le imprese e per il lavoro. È lì che bisogna agire, bisogna liberare risorse per sostenere le imprese che hanno resistito alla crisi, per il lavoro, quello che tiene e quello che deve essere creato nel privato. Sulla Cooperazione c’è un taglio delle risorse pari al 50% nonostante che i dati, presentati dagli stessi Assessori, dimostrano che le risorse vengono spese tutte, il lavoro nelle Cooperative ha il segno positivo, e come dicevo prima, la cassa integrazione viene lasciata ad altri. Dove sta la coerenza allora?

Sappiamo che un grande problema delle aziende in Sardegna è l’accesso al credito. Quali sono le proposte di Legacoop per far ripartire il sistema?

Partendo dal presupposto che le banche devono fare le banche e che quindi devono gestire oculatamente le risorse che hanno, oggi però l’erogazione del credito è ai minimi storici e sta bloccando l’economia e soprattutto i nuovi progetti delle imprese che stanno sul mercato. La scarsa liquidità delle banche e la preoccupazione sul rischio del credito, sta allungando i tempi di erogazione anche a quelle pratiche presentate da imprese che stanno dimostrando di poter stare sul mercato, a quelle che hanno retto la crisi.La Sardegna con le sue strutture di Consorzi Fidi e con la Sfirs sta garantendo le Banche oltre il dovuto, siamo un caso unico nel territorio nazionale, nonostante questo permane una chiusura a riccio per l’erogazione del credito.

In Sardegna manca forse la cultura aziendale che caratterizza altre parti di Italia. Ai giovani che cercano lavoro, si sentirebbe di consigliare la strada dell’imprenditoria? Quali sono invece i vantaggi di una cooperativa?

Consiglio di abbandonare l’idea che si possa fare da soli, consiglio di mettersi assieme, di aggregare professionalità e capitali, di puntare sulle società di capitali e abbandonare le scorciatoie delle ditte individuali che oggi hanno una mortalità altissima con una longevità media di tre anni. La Cooperativa, con le strutture di riferimento della Cooperazione ha oggi maggiori possibilità di accesso al credito, dalle Finanziarie della cooperazione al Consorzio Fidi, dai fondi mutualistici alle finanziarie di settore. Ai giovani quindi consiglio di mettersi assieme, serve più aggregazione, non solo in forma cooperativa, anche se io, naturalmente suggerisco questa forma societaria.

Lei è stato appena eletto presidente di Legacoop Sardegna. Come immagina questa sua esperienza. Quali risultati considera raggiungibili e su quali si vorrebbe impegnare maggiormente.

Credo molto sul rafforzamento delle Cooperative attraverso l’aggregazione, le fusioni, i consorzi o i Gruppi cooperativi e spingerò su questa linea. Così come punterò molto sulle Cooperative che guardano alla qualità e all’innovazione sia nel settore primario, sia nelle attività industriali sia nelle nuove attività della green economy, senza trascurare la novità delle cooperative di comunità nei piccoli centri. Voglio rilanciare il settore delle cooperative turistiche puntando sulla qualificazione nel campo del turismo sostenibile e integrato con la cooperazione Culturale. Quest’ultima deve avere il riconoscimento politico di aver gestito quasi da sola la conoscenza dei nostri siti, dei nostri musei e in generale della nostra cultura, anche sulla gestione bibliotecaria.

 

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