Riflessioni sulla cooperazione in Sardegna
Riflessioni sulla cooperazione in Sardegna

Pubblichiamo una riflessione di “Agricola” sul ruolo della cooperazione in Sardegna, “Nei periodi di crisi si guarda alla cooperazione come ad uno dei possibili strumenti da utilizzare per aiutare i singoli, i gruppi e le comunità a venir fuori dai guai…”.

"Nei periodi di crisi si guarda alla cooperazione  come ad uno dei possibili strumenti  da utilizzare per aiutare i singoli, i gruppi  e le comunità a venir fuori dai guai. 

Riscoprono questa forma di organizzazione sia il disoccupato che cerca uno sbocco alla sua condizione  sia  il legislatore avveduto che vuole attivare elementi di ripresa economica tagliando i tempi e utilizzando nella maniera più proficua i pochi capitali disponibili.

Guarda alla cooperativa anche l’imprenditore privato, quello che nel passato utilizzava il sub appalto per incrementare gli utili mentre adesso è costretto ad arrampicarsi sugli specchi per trovare il modo di tagliare i costi di produzione e riuscire a sopravvivere.

Il socio di una cooperativa è riconosciuto dalla legge come titolare di una quota della società in cui opera e, in quanto tale, può, con i suoi colleghi, attivare sinergie di gruppo, affrontare incombenze straordinarie e utilizzare in ogni momento le soluzioni più idonee a rendere elastico il fattore lavoro.   Insomma, la coop è lo strumento ideale per ottenere il massimo dal prestatore d’opera e soltanto la finalità dell’impresa, la sua conduzione e il contesto generale in cui opera sono in grado di garantire che quel singolo operatore non è un sfruttato ma cittadino che ha scelto volontariamente di sgobbare per costruire un futuro migliore per se e per gli altri.  

Il movimento cooperativo ha accompagnato i lavoratori italiani nella lunga e tormentata battaglia contro l’immobilismo sociale che opprimeva il nostro Paese.  I contadini e i braccianti che combattevano contro i vari tipi di proprietà terriera già all’inizio del secolo scorso, nel sud d’Italia e nella valle padana, vedevano appunto nella cooperazione l’alternativa alla proprietà assenteista e alla gestione degli agrari.   Il combattentismo sviluppatosi dopo la prima guerra mondiale e il “Piano del lavoro” promosso da Di Vittorio per consentire la ricostruzione dell’Italia dopo la tragedia dell’ultimo conflitto indicavano nell’impresa collettiva e autogestita uno degli strumenti su cui fare leva.

La cooperazione è stata motore di progresso sociale anche in Sardegna.  Buggerru non è ricordata soltanto per l’episodio che ha dato vita al primo sciopero nazionale  ma anche per il fatto che in quel Comune prese corpo il tentativo di sostituire con una cooperativa  lo spaccio aziendale gestito dal padrone.   Oggi, nell’Isola, la coop rappresenta una realtà economica che manda avanti aziende leader nel settore della trasformazione dei prodotti agricoli, in quello dei servizi sociali e anche in altri settori.   Cartine alla mano è possibile dimostrare che una quota importante  della nuova Cagliari è sorta grazie al movimento cooperativo, che senza le coop oggi Cagliari sarebbe più piccola e non avrebbe una proprietà immobiliare così diffusa.

In Sardegna si sarebbe potuto fare di più e di meglio se il mondo diviso in blocchi contrapposti e gli sviluppi della  politica italiana non avessero falsato la realtà portando la divisione tra le masse popolari, nel bacino sociale  in cui affonda le radici il mondo della cooperazione.  Per tutto il periodo della guerra fredda i governanti italiani dividevano anche i cooperatori in bianchi e rossi, distinguendo tra i sostenitori e gli avversari del Patto atlantico, prescindendo dalla qualità degli uomini e delle imprese e utilizzando spessissimo le agevolazioni previste dalla legge come strumento di discriminazione e di corruzione.

Purtroppo è andata così ma rimestare la polenta del passato è un impegno che riguarda soltanto gli storici.    Il muro di Berlino è stato per fortuna abbattuto e oggi la cooperazione può svilupparsi  utilizzando appieno le sue potenzialità senza le remore del passato, senza divisioni interne capaci di azzopparla. 

Nell’Italia di oggi tutte le attività che prevedono la prevalenza del capitale variabile, le attività che – per intenderci – abbisognano di molta manodopera,  sono territori nei quali le coop non dovrebbero temere concorrenza. 

I dirigenti della cooperazione, quindi, con molto coraggio e rinnovato spirito pionieristico, dovrebbero buttarsi a occupare nuovi spazi per la loro gente, rafforzando l’esistente e creando tante nuove imprese.  Il campo delle possibilità è ricco e vario:   nel settore agricolo e in quello della valorizzazione dei beni pubblici,  in quello ambientale e in quello delle energie rinnovabili, in quello dei servizi alla persona come in quelli della cultura e del turismo.  Anche per l’edilizia è possibile creare nuove occasioni, associando imprese artigiane dedicate al recupero dell’esistente piuttosto che a nuove costruzioni destinate a restare invendute.

In Sardegna è auspicabile che, in tempi strettissimi, tra Cooperazione, Regione sarda e Enti locali si attivi una trattativa per elencare le risorse che ogni singola entità è in grado di mettere in campo per favorire occupazione e sviluppo.  Argomento del confronto possono essere, inizialmente, le terre, i boschi e gli altri  beni pubblici da valorizzare ma non è detto che ci si debba per forza limitare a questi temi.  La cooperazione può essere utilizzata per sopperire alla carenza di imprenditorialità privata, elemento che i più avvertiti economisti indicano come uno dei più gravi handicap che penalizzano la Sardegna;  ma, affinché questo accada, è necessario che la politica, ma soprattutto i cooperatori, si diano una mossa.

L’impresa collettiva e mutualistica, così come quella privata, per adempiere nel migliore dei modi al suo ruolo sociale, deve essere capace di un confronto serrato, permanente e trasparente con la politica.  Questo confronto oggi può diventare  più produttivo se la cooperazione riuscirà a presentarsi con un solo volto e a parlare  con una sola voce, se il progetto in corso di unificare le tre centrali, mettendo assieme sedi, esperienze, uomini e risorse sarà capace di una bella accelerata.  Se i dirigenti sardi della Lega, dell’Unione e dell’AGCI fossero capaci di anticipare gli eventi nazionali, realizzando intanto questa unità nella nostra Isola, compirebbero un’opera altamente meritoria e consegnerebbero al nostro popolo una possibilità in più per uscire dalla crisi."

Agricola

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