Ricchi più ricchi anche con la crisi, ma qualcosa sta cambiando
Ricchi più ricchi anche con la crisi, ma qualcosa sta cambiando

Tutto ciò che toccano i re Mida dell’economia diventa oro: anche la crisi, che pur li ha sfiorati. Un nero 2012 per le famiglie e le piccole imprese ha visto infatti aumentare la ricchezza per i 100 uomini già più ricchi del pianeta.

Secondo il Bloomberg Billionaires Index la loro ricchezza complessiva ha toccato quota 1.900 miliardi di dollari, con un +241 miliardi. A capeggiare la lista dei Paperoni del 2012 è il messicano Carlos Slim, seguito a ruota da Bill Gates e Amancio Ortega. Dobbiamo aspettare la 24esima posizione per vedere il primo italiano in classifica, Michele Ferrero.

La fortuna dei grandi ricchi non aiuta però il resto dei "poveri" cittadini. Come ricorda l’Ocse, le disuguaglianze economiche continuano ad aumentare in questi anni di crisi (in Italia più che altrove), e non è un caso se la macchina economica nel suo complesso rallenta. Non è più un obbligo accettare l’imposizione della liberissima impresa che, sola, risulta capace di creare ricchezza e benessere per tutti, e per questo occorre lasciarle briglia sciolta. Che la musica stia dunque per cambiare?

L’aumento delle tasse sui ricchi col quale Obama – con 600 miliardi di dollari in più in 10 anni – ha salvato gli Usa dal baratro fiscale nel quale stavano per affondare a fine anno è stato accolto da un’impennata della borse in tutto il mondo. Un fine conoscitore degli Stati Uniti come Federico Rampini, in prima pagina su la Repubblica, si sbilancia fino a ritenerla «la fine del pensiero unico. La vittoria di Obama con il varo della sua manovra fiscale redistributiva seppellisce un dogma che ha dominato da decenni: l’idea che la ricetta del benessere fosse "meno Stato, meno tasse, meno regole". Il disastro del neoliberismo consumato con la grande crisi del 2008 giunge al suo epilogo più naturale: un cambio di paradigma».

Un giudizio forse fin troppo benevolo, ma la «legge che aumenta le tasse sul 2% degli americani più ricchi», come l’ha definita il presidente Obama, rappresenta un’inversione di rotta che non si verificava da circa vent’anni nella patria del capitalismo spinto. Poco più di un mese fa, lo speculatore e miliardario Warren Buffett (4° nella classifica Bloomberg), capeggiatore di quella schiera di ultraricchi che invocano più tasse, assicurava che i paperoni non sarebbero migrati con tasse più alte. Vogliamo sperare che il suo fiuto non si sia sbagliato neanche stavolta… tenendo comunque conto che la "famosa" segretaria di Buffett continua anche adesso a pagare in proporzione più tasse del suo datore di lavoro.

La strada tracciata da Obama dovrebbe indicare alla socialdemocratica (?) Europa come la parola equità (strettamente legata, politicamente, alla parola sinistra) non sia più un tabù. Neanche per una certa parte del mondo degli affari. I principi che la animano possono tornare ad essere una guida, se si avrà la necessità di seguirli, e non solo sul terreno della tenuta dei conti pubblici. Il Sole24Ore, in un pezzo in cui riprende un editoriale di http://www.globaltrends.com/ del 26 novembre sulle «dieci tendenze che il manager deve capire per sfuggire alla crisi» riporta oggi nel decalogo «l’escalation delle guerre per le risorse: da un mondo di abbondanza a un mondo di scarsità. Con la popolazione mondiale che si avvia a toccare i 9 miliardi di individui intorno al 2050, la pressione sulle risorse è destinata ad aumentare, e i cambiamenti climatici non faranno che aggravare la situazione».

Per questo «in futuro giocheranno un ruolo fondamentale le nuove tecnologie e un ripensamento dei modelli di consumo». Ma, continua l’articolo, «probabilmente saranno le imprese, e non i governi, a fare da traino». Se il presente può offrirci un indizio, però, verte piuttosto sulla necessità di far pesare la presenza delle scelte politiche (Obama docet). L’impasto di imprese e società civile non può prescindere dalla guida della democrazia per indirizzare un modello di sviluppo che sia economicamente, ambientalmente e socialmente sostenibile. Slegati, questi elementi hanno infatti portato proprio al disastro nel quale stiamo ancora annaspando. E quando il dibattito a livello globale sarà radicato attorno a questo assunto, allora sì, sarà davvero un cambio di paradigma.

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