Ci ha lasciato un gigante dell’ambientalismo scientifico. Il suo lascito rimane più attuale che mai. Il ricordo di Giorgio Nebbia.
Lo avevamo conosciuto in Italia negli anni settanta quando fu tradotto, presentato e ricevette il Premio Cervia Ambiente con il suo libro: "Il cerchio da chiudere". Poi nel 1977 corse dall’America a Seveso, dopo l’esplosione della fabbrica Icmesa, per spiegare l’origine della diossina, la sostanza cancerogena allora quasi sconosciuta, che si era formata durante la fabbricazione del triclorofenolo e che si libera anche negli inceneritori di rifiuti e ogni volta che delle materie organiche vengono scaldate ad alta temperatura in presenza di cloro. Aveva tenuto tantissimi incontri e conferenze in Italia ed era stato anche a Bari. Adesso Barry Commoner, l’instancabile biologo americano, sempre in prima linea nella lotta contro gli inquinamenti, la radioattività, la violenza della industria e della guerra, ci ha lasciato, a 95 anni.
Era nato, infatti, nel 1917 da una famiglia di immigrati ebrei russi e, dopo studi di biologia e di chimica, aveva ottenuto una cattedra di biologia nella Università di Saint Louis, nello stato americano del Missouri, una delle Università periferiche dove aveva creato, negli anni cinquanta del Novecento, un Comitato cittadino per l’informazione nucleare. Erano tempi in cui ogni anno diecine di bombe americane e sovietiche venivano fatte esplodere nell’atmosfera e durante tali esperimenti grandi quantità di atomi radioattivi ricadevano al suolo ed entravano negli ecosistemi: dispersi nelle acque, venivano assorbiti dai vegetali, poi passavano negli animali, poi negli alimenti usati dagli esseri umani e provocavano nel corpo umano modificazioni genetiche responsabili di tumori.
Commoner con le sue ricerche aveva spiegato questa circolazione della radioattività e per questo aveva ricevuto l’incarico di organizzare la speciale commissione dell’Associazione degli scienziati americani che, nel 1957, redasse un decisivo documento sulle conseguenze sociali della scienza. Gli scienziati non dovevano trascurare le conseguenze sociali del loro lavoro e questo è stato il principio a cui si è ispirato Commoner in tutta la sua vita. La pressione degli scienziati fu determinante per indurre il presidente Kennedy a firmare, insieme al segretario dell’Unione Sovietica Krusciov, il trattato del 1963 che vietava le esplosioni nucleari nell’atmosfera.
Nel frattempo il Comitato per l’informazione nucleare di Commoner divulgava le conoscenze scientifiche alla popolazione attraverso il notiziario "Nuclear Information", divenuto poi "Science and Citizen" e, dal 1968, "Environment". Attraverso tali riviste Commoner condusse una critica serrata dell’uso, devastante per la natura, degli erbicidi da parte degli Americani durante la guerra nel Vietnam e denunciò molte altre produzioni inquinanti nocive per l’ambiente e la salute. La sua opera più nota, "Il cerchio da chiudere", del 1972, spiegava che i cicli della produzione delle merci avrebbero potuto essere meno nocivi se si fossero avvicinati a quelli naturali che sono, appunto, chiusi, nei quali ogni materia dopo l’uso torna ad essere utile per la vita. Negli anni settanta in America c’era un vivace corrente neomalthusiana: la salvezza del pianeta, dicevano, sarebbe stata possibile soltanto fermando la crescita della popolazione mondiale, che stava aumentando soprattutto nei paesi sottosviluppati e fra gli immigrati poveri.
Commoner, di orientamento socialista, scrisse con fermezza che responsabile della crisi ambientale non è tanto l’aumento della popolazione quanto piuttosto la crescita della quantità delle merci e soprattutto la qualità dei prodotti inquinanti e non biodegradabili imposti dall’industria capitalistica. Sostenne questa tesi in vari libri tradotti anche in italiano, fra cui "La politica dell’energia", del 1980, scritto dopo l’incidente catastrofico del reattore americano di Three Mile Island, una dura critica dell’energia nucleare, e "Far pace col pianeta", del 1991, in cui dimostra che la salvezza del pianeta richiede sia mutamenti produttivi sia la volontà di fermare le guerre: solo la pace fra gli uomini assicura una pace col pianeta. Per molti giovani militanti ecologisti Commoner è, al più, un nome: raccomando di leggere i suoi scritti che contengono attualissime indicazioni e motivi di speranza in un cambiamento.
Giorgio Nebbia per greenreport.it