Una interessante riflessione di Luciano Abburrà, dell’IRES – Istituto Ricerche Economico Sociali del Piemonte, sulle ragioni della caduta dell’occupazione giovanile, alla luce dell’evoluzione del mercato delle professioni e del lavoro. Tratta da www.neodemos.it.
La crisi ha aggravato ovunque il problema della disoccupazione giovanile, ma la caduta dell’occupazione dei giovani (15-24 anni) è stato un tratto problematico di tutto il primo decennio degli anni 2000: meno occupati nella popolazione giovanile, meno giovani nell’occupazione complessiva.
Perché ciò è avvenuto? E proprio negli anni in cui i giovani nella popolazione sono diventati più scarsi e più scolarizzati, e dunque avrebbero dovuto trovare lavoro con più facilità? Le risposte a un tale interrogativo sono complesse e ad esse sono stati dedicati numerosi studi e interventi, anche sotto questa testata. Un contributo alla comprensione, però, può venire anche da un’analisi più ravvicinata proprio del processo di riduzione dell’occupazione giovanile, visto nel contesto territoriale di una delle grandi regioni del Nord Italia. In particolare, guardando ad una specifica articolazione dei dati dell’indagine Istat sulle forze di lavoro, ci si può chiedere che cosa sia successo al livello delle diverse posizioni e qualifiche professionali di cui si compone l’occupazione, anche fra i giovani. L’evidenza di notevoli differenze negli andamenti può suggerire ipotesi interpretative sulle cause del processo e sulle vie necessarie a porvi rimedio. Segue …