Si allarga la forbice fra ricchi e poveri
Si allarga la forbice fra ricchi e poveri

Mentre in questi giorni politici, analisti e parti sociali si interrogano sull’equità della manovra varata dal nuovo governo Monti, pochi giorni fa l’OCSE avvertiva che il divario fra ricchi e poveri ha raggiunto i suoi livelli più alti dagli ultimi 30 anni.

Nello specifico, secondo il Rapporto Divided We Stand: Why Inequality Keeps Rising (Siamo divisi: perché le disuguaglianze continuano a crescere) nei paesi dell’area OCSE il reddito medio del 10% più ricco della popolazione è circa nove volte superiore rispetto a quelle del 10% più povero.

Contrariamente da quanto si possa immaginare ciò non è dovuto esclusivamente agli effetti dell’attuale crisi economica. A partire dagli anni ’80 le disuguaglianze di reddito nelle economie avanzate si sono ampliate anno dopo anno anche durante fasi di crescita sostenuta. Si tratta di un aumento che ha riguardato la maggioranza dei paesi, compresi alcuni tradizionalmente egalitari come la Germania, la Danimarca e la Svezia.

Nel 2008 il divario di reddito fra ricchi e poveri è pari ad un rapporto di: 10 a 1 in Italia, Giappone, Corea e Regno Unito; 14 a 1 in Israele, Turchia e Stati Uniti; e 25 a 1 in Messico e Cile. Inoltre, negli ultimi vent’anni in 17 dei 22 paesi OCSE si è registrato un aumento del coefficiente di Gini, ovvero dell’indice della disuguaglianza nella distribuzione del reddito di un paese. In particolare, il coefficiente è aumentato di ben 4 punti percentuali in Finlandia, Germania, Israele, Lussemburgo, Nuova Zelanda, Svezia e Stati Uniti. Per quanto riguarda l’Italia nel 2008 il reddito medio del 10% più ricco degli italiani è dieci volte superiore al reddito medio del 10% più povero, con un coefficiente di Gini di un punto percentuale maggiore rispetto alla media OCSE.

Secondo l’OCSE, l’aumento generalizzato dei divari di reddito trova la sua causa principale nella maggiore disuguaglianza in termini di salari e retribuzioni. Disuguaglianza dovuta in primo luogo a quell’insieme di riforme adottate per accrescere la competitività e rendere i mercati del lavoro più adattabili: la promozione del part-time, dell’orario flessibile e dei contratti atipici, nonché il ridimensionamento della contrattazione collettiva, hanno di fatto influito negativamente sui livelli salariali.

D’altronde, come denuncia l’ultimo Global Wage Report dell’ILO, con la crisi economica e finanziaria la crescita globale dei salari nel biennio 2008-2009 si è pressoché dimezzata. Più precisamente la crescita dei salari mensili medi sarebbe passata dal 2,8% nel 2007, all’1,5% nel 2008 e allo 0,7% nel 2009. Una mancata crescita che si accompagna ad una graduale erosione del potere d’acquisto.

“La stagnazione dei salari è stata una delle cause scatenanti della crisi e continua a rallentare la ripresa in molte economie”, dichiarava il Direttore Generale dell’ILO, Juan Somavia, commentando questi dati, “è necessario riportare l’attenzione all’occupazione e ai salari per rafforzare la timida ripresa e affrontare gli squilibri socio-economici di lungo periodo”.

Due degli strumenti principali per ridimensionare gli squilibri all’interno di un sistema economico sono da sempre la tassazione e le politiche sociali. Tuttavia, secondo l’OCSE, in molti paesi entrambi sono divenuti meno efficaci nell’affrontare la questione della redistribuzione del reddito a partire dalla metà degli anni ’90.

A questo proposito, il Rapporto evidenzia l’importanza di ridefinire i sistemi fiscali nazionali al fine di garantire che i più abbienti facciano la loro parte in modo equo, ad esempio innalzando le aliquote di imposta, combattendo l’evasione, eliminando le detrazioni e rivalutando il ruolo della tassazione su tutte le forme patrimoniali.

Il Segretario generale dell’OCSE, Angel Gurría, ha dichiarato: “Il contratto sociale comincia a sgretolarsi in numerosi paesi. Tutto ciò smentisce l’ipotesi secondo cui i benefici della crescita economica si ripercuotono automaticamente sulle categorie svantaggiate e una maggiore disuguaglianza favorisce la mobilità sociale. Senza una strategia generale a favore di una crescita inclusiva, le disparità continueranno ad aumentare”.

Una strategia che non può non partire dall’occupazione e dal lavoro dignitoso. Se nei paesi OCSE i salari rappresentano i tre quarti dei redditi delle famiglie è evidente che il lavoro, giustamente retribuito, rimane il primo canale per ridistribuire il reddito e garantire una maggiore giustizia economica e sociale.
 
Link
Vai al sito dell’OCSE

Fonte
www.lavorodignitoso.org

 

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