Se Deutsche Bank fa arrabbiare Prodi
Se Deutsche Bank fa arrabbiare Prodi

Riflessione di Mario Pianta, professore di politica economica all’Università di Urbino ed promotore del sito di informazione economica www.sbilanciamoci.info. Segue …

La scorsa settimana il Financial Times ha scritto che nei primi sei mesi del 2011 Deutsche Bank, la più grande banca tedesca, ha venduto l’88% dei titoli di stato italiani che aveva in portafoglio, per un valore di circa 7 miliardi di euro. In altre parole, è stata la protagonista principale della speculazione contro il nostro paese, che ha portato a 3,35 punti percentuali lo spread, il sovrappiù che l’Italia deve pagare nei tassi d’interesse sul debito publico rispetto a quello della Germania; il costo di tutto ciò sono 50 miliardi di euro che il governo deve pagare ogni anno a chi detiene titoli di stato. Soldi sottratti al resto della spesa pubblica – salari, spesa per l’istruzione, la sanità, i servizi, gli investimenti – e tolti agli italiani dalla manovra di Tremonti.

Il commento più duro è venuto da Romano Prodi, che si è detto “sconvolto”. “E’ la dimostrazione di una mancanza di solidarietà che porta al suicidio anche per la Germania. Significa la fine di ogni legame di solidarietà e significa obbligare tutti a giocare in difesa. E quando questo viene dalla Germania, un Paese che ha avuto più saggezza nel capire gli altri fino a qualche anno fa, sono assolutamente turbato”.

E paradossale che Deutsche Bank colpisca un paese come l’Italia in cui è molto attiva, sia con le sue filiali, sia con servizi finanziari offerti perfino dalle Poste. I risparmiatori italiani che possono essere tentati dalla “solidità tedesca” devono sapere da dove vengono i rendimenti offerti e che tipo di comportamenti ha la banca.

E’ tempo che dietro l’anonimato della “speculazione” e dei “mercati finanziari” compaiano i nomi dei protagonisti, internazionali e italiani e che siano esposti alle conseguenze possibili dei loro comportamenti.

Nonostante la speculazione contro l’Italia, gli affari per Deutsche Bank non vanno più così bene; la scorsa settimana ha annunciato profitti ridotti rispetto alle attese, i guadagni dalle avventure dell’ investment banking sono fermi e le sue azioni sono scivolate in giù nelle quotazioni di Borsa. Lo stesso è avvenuto per la svizzera Ubs: nel secondo trimestre l’Ubs ha avuto 1,1 miliardi di euro di profitti, l’anno scorso erano stati il doppio e a crollare sono stati i profitti dell’ investment banking: 1,5 miliardi di euro l’anno scorso, 440 milioni quest’anno. Il paradosso è che, anche nel mezzo della crisi, le banche puntano a rendimenti stratosferici: l’obiettivo dell’Ubs per il 2014 sono 17 miliardi di euro di profitti. Negli stessi giorni il New York Times ha riferito che il fondo speculativo di George Soros ha guadagnato per 40 anni rendimenti in media del 20 per cento l’anno.

Una finanza che cerca – e in qualche caso ottiene – rendimenti così elevati rappresenta un peso insostenibile per l’economia reale, sottrae risorse a tutti e alimenta bolle speculative destinate prima o poi a scoppiare. E’ successo con il collasso delle Borse del 2008; poi, la finanza – salvata dai governi – da un anno a questa parte ha attaccato il debito degli stati: Grecia, Irlanda, Portogallo, Italia; ora si prepara nientemeno che l’attacco agli Stati Uniti. Ma trasformare per incanto i Bot in carta straccia – come fanno le agenzie di rating – ha lo spiacevole effetto collaterale di trascinare in basso le quotazioni delle banche che li hanno in bilancio. Costringere gli stati a tagliare la spesa pubblica ha lo stesso effetto sulle azioni delle imprese che dipendono dalle commesse pubbliche per i loro profitti. Così il pendolo della speculazione torna a colpire le azioni di banche e imprese private, le Borse crollano, la finanza divora se stessa.

Senza l’intervento di una politica – europea e nazionale – che metta la finanza nella condizione di non nuocere all’economia reale, il pendolo della speculazione continuerà a muoversi tra Borse private e debito pubblico – calpestando nel suo passaggio, monete, materie prime e prodotti agricoli.

Romano Prodi è stato un protagonista della liberalizzazione dei movimenti di capitali e della deregolamentazione della finanza che ha segnato dagli anni ’90 l’integrazione europea e la nascita dell’Unione monetaria. Tra i risultati ci sono i comportamenti speculativi come quello della Deutsche Bank. Un ripensamento su quelle politiche è oggi necessario, serve che la politica riprenda il controllo sulla finanza, che l’integrazione europea non sia più preda della speculazione.

Su questi temi si è aperto un dibattito su “La rotta d’Europa” ospitato sui siti di sbilanciamoci.info e ilmanifesto.it. E’ una discussione che deve coinvolgere tutti

Fonte: http://bancaetica.it

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