La pasta all?uovo? La fanno oltre 70 persone disabili
La pasta all?uovo? La fanno oltre 70 persone disabili

La storia di un laboratorio sociale produttivo della Comunità di Capodarco, che ha messo a lavoro oltre 70 persone con disabilità mentale: fra fettuccine, cannelloni e ravioli, si fa integrazione lavorativa dentro un vero e proprio progetto imprenditoriale. Segue

Si chiama “Pasta di Capezzaia”, viene realizzata dal 2008 in uno stabilimento di Pomezia, vicino Roma ed ora è anche in vendita in tutti i punti vendita Coop del Lazio.

Ci sono storie sociali difficili da raccontare: quella della Pasta di Capazzaia non è una di quelle. Anzi, a ripercorrere la sua storia, ci si accorge che, parafrasando Franco Basaglia, "si può fare". Si può fare un laboratorio sociale produttivo con giovani e meno giovani affetti da disabilità psichiche e mentali. Si può fare un’impresa sociale che rende produttive risorse umane considerate "residuali" dal mercato del lavoro. Si può fare pasta all’uovo, confezionarla e metterla in vendita. Si può fare un accordo con Unicoop Tirreno per mettere il consumatore di tutti i 21 punti vendita Coop del Lazio di fronte alla possibilità di poter scegliere, a parità di costo, tra un prodotto sociale e un prodotto "altro".

La strana sfida è stata lanciata nel 2008 dalla Comunità di Capodarco di Roma che, nella volontà di unire bontà e integrazione sociale e lavorativa, ha messo in piedi un vero e proprio laboratorio di produzione di pasta fresca all’uovo. Fettuccine, cannelloni, ravioli e gnocchi impegnano, nella loro produzione, oltre 70 persone con disabilità psichica e mentale di età compresa tra i 20 e i 50 anni. Nello stabile di Pomezia, dall’impasto alla conservazione del prodotto, si rinnova dunque l’impegno della Comunità di Capodarco di Roma nell’integrazione sociale e lavorativa delle persone disabili. Un impegno ormai quasi quarantennale, oggi riconosciuto anche da Unicoop Tirreno che oltre a mettere a disposizione la sua rete di punti vendita nel Lazio, ha anche mobilitato i suoi soci: sabato 9 aprile essi daranno vita per la prima volta a un’iniziativa di promozione della pasta presso i clienti fuori dai supermercati, distribuendo un depliant sulla Pasta di Capezzaia.

Tutto ebbe infatti inizio da un finanziamento pubblico, rafforzato poi da un vero e proprio bando, a cui si aggiunse la forza dei soci Coop che, credendo nel progetto, raccolsero fino a 160mila euro. Nessuno, infatti, oltre loro, poteva credere che un laboratorio sociale riservato a persone con disagio psichico potesse invece diventare un’impresa sociale vera e propria. Ovvero, un progetto imprenditoriale con una dimensione etico-sociale, dove il profitto ha sempre avuto un senso, ma solo se inteso a privilegiare innanzitutto la persona. Significativa infine la scelta del nome: Capezzaia indica il margine inutilizzato del campo, la parte incolta del terreno: lo specchio di quella parte di società che non si vede, che si nasconde, che spesso è emarginata. (eb)

www.superabile.it

 

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