Paolo Leon: riflessioni sulla tassa sulle transazioni finanziarie
Paolo Leon: riflessioni sulla tassa sulle transazioni finanziarie

Il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione per l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie (TFT). Si tratterebbe di un prelievo dello 0, 05 % a carico delle società finanziarie, con una entrata prevista di 200-300 miliardi di euro all’anno.

Intervista a Paolo Leon, professore di Economia pubblica all’Università "Roma III"

Il Governo italiano aveva sposato la posizione di quelli che sostenevano che una tale tassa dovesse essere approvato solo su scala globale, che è un modo molto evidente per non farne nulla. Ma questo vuol dire anche che le opposizioni non sono finite e che, quindi, sarà necessario una forte attenzione ai passi successivi.

Quale è il tuo parere generale su questo provvedimento?
Il provvedimento è centrale per riorientare le politiche economiche europee e dei singoli paesi membri. In assenza, il settore finanziario continuerà ad esprimere una propria sovranità monetaria, potendo emettere titoli di qualsiasi genere, sostitutivi dei titoli pubblici acquistati dalla banca centrale in cambio di emissione monetaria. Finché la BCE non svolge il suo ruolo di emissione monetaria per l’Unione Europea, la politica finanziaria e quella economica saranno dettate dalla speculazione finanziaria. Si sbaglia chi ritiene che la TFT avrebbe valore solo se applicata da tutti i partner della globalizzazione; la TFT è il primo passo per restituire sovranità all’Europa. Certo, ridurrà ruolo, influenza e ricchezza dal sistema finanziario europeo, ma è proprio questo che è necessario ottenere, se si vuole evitare l’anarchia della speculazione internazionale. Se gli USA non rispondono con un’analoga TFT, non importa: il mercato americano perderà spazio, mentre si creerà un mercato europeo finanziario (non necessariamente a Londra, se l’UK non intende applicare la TFT).

Rispetto al quadro attuale della crisi economica e in particolare a quella di alcuni paesi europei maggiormente esposti, quali effetti potrebbe avere questo intervento del Parlamento Europeo, sia nell’immediato, come "effetto annuncio", sia nel seguito quando saranno disponibile effettivamente quelle entrate? 
Sulla crisi, e su tutte le crisi che seguono la speculazione senza TFT, questa tassa ha effetti positivi, soprattutto perché consente all’Unione di riaffermare la propria sovranità monetaria, finanziando i deficit dei paesi dell’Euro. Con deficit ridotti, la spesa pubblica può crescere e realizzare una politica economica, industriale, del lavoro, del welfare, ecc.

Sembra che questo intervento del Parlamento Europeo segnali finalmente una uscita dal tunnel della mainstream che aveva colpito anche la sinistra. Se cosi fosse, quale intervento ti aspetteresti ora in coerenza con questa prima uscita? E quale provvedimento sarebbe inoltre auspicabile a quel livello istituzionale?
Subito dopo la TFT, il Parlamento dovrebbe affermare la propria sovranità sulla BCE; non potrà cambiare il Trattato di Lisbona, che non è una costituzione, e perciò può essere cambiato solo dai firmatari. Però potrebbe forzare la mano ai governi costringendoli a rivedere almeno le norme riguardanti la BCE, rifiutandosi di approvare i bilanci proposti dal Consiglio Europeo e dalla Commissione. Lo scontro con la Germania è inevitabile, ma è proprio da un conflitto che può nascere una vera Federazione Europea.

Da noi in Italia siamo in tutt’altre faccende affaccendati e l’unico movimento che si nota in maniera evidente è quello del declino generale, sociale, culturale, economico, industriale, etico… Se, tornando all’intervento del Parlamento europeo, dall’Europa dovessero arrivare risorse finanziare per lo sviluppo e in particolare per la ricerca e per gli investimenti infrastrutturali, saremmo in grado di evitare di buttarli, magari con il plauso della Lega, dal ponte di Messina?
Se la TFT funziona, il volume delle transazioni finanziarie si ridurrà; così, non è il gettito della tassa il suo scopo. Naturalmente un gettito ci sarà, e questo dovrebbe essere l’equivalente di un tributo europeo, sul quale indebitare l’Unione perché finanzi progetti nei paesi euro – il piano Delors, insomma. Non si tratterebbe di progetti nazionali, ma di spesa decisa e studiata dal Parlamento europeo, per l’Europa.

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