Un sito aiuterà le cooperative sociali italiane a stringere alleanze con le realtà non profit di Austria, Bulgaria, Grecia, Serbia, Slovenia, Ucraina, Ungheria. Segue …
Mentre la crisi colpisce ovunque e cresce il numero di cittadini che rischiano di rimanere senza assistenza, proprio la cooperazione sociale può essere al tempo stesso una risposta ai bisogni emergenti e un fattore di sviluppo economico. Tuttavia proprio per riuscire ad offrire risposte adeguate ai tempi, il non profit deve cercare nuove alleanze anche oltre i confini nazionali tenendo conto della grande eterogeneità che caratterizza il settore in Europa. Questo è quanto emerge dalla ricerca, in corso di ultimazione, che è stata presentata a Milano, primo frutto concreto di Isede-Net, (Innovative Social Enterprise Development Network) il network per lo sviluppo dell’economia sociale nel Sud Est Europa, sostenuto dal Fondo per lo Sviluppo Regionale della Unione Europea, che coinvolge 12 organizzazioni pubbliche, private, non profit di 8 differenti paesi: Austria, Bulgaria, Grecia, Italia, Serbia, Slovenia, Ucraina, Ungheria.
L’indagine ha messo in luce che l’economia sociale viaggia a velocità differenti in Europa. In Austria, le cooperative sociali impegnate soprattutto nell’offerta di lavoro a soggetti deboli, sono poche, appena 259, ma solide e di grandi dimensioni. Al contrario, in Grecia, il mondo del non profit è fatto di tante piccole realtà, molto diffuse, che non possono ancora contare su una legge quadro che regolamenta il settore. In Slovenia, nonostante il paese sia solo in tempi relativamente recenti uscito dall’economia di Stato dell’ex Jugoslavia, i soggetti ascrivibili al terzo settore sono già 25mila. Comprendono imprese, istituzioni non profit, aziende per disabili, cooperative, rappresentano il 17% del numero complessivo delle imprese slovene e danno lavoro a 20 mila addetti (il 2% della popolazione con contratto di lavoro). Buona la situazione anche in Ungheria: nel 2007 il settore occupava circa 100 mila addetti (il 3,2% della forza lavoro), per il 75% con contratti full time, impiegati in organizzazioni che nell’80% dei casi non superano i 10 dipendenti. Qui, proprio le modeste dimensioni e la frammentazione del settore determinano una scarsa capacità di fare rete e lobby. In Serbia il processo di riconversione economica è molto lento, ma le imprese sociali, oggi 1.160, hanno grandi prospettive di crescita. In Bulgaria, le prime realtà non profit sono nate grazie ai fondi della cooperazione statunitense: oggi sono 200, operano ancora in un contesto legale, fiscale e finanziario poco definito e in un quadro di politiche sociali vecchio stampo.
Benché il panorama sia molto diversificato, dappertutto il terzo settore è ormai riconosciuto come un motore essenziale allo sviluppo non solo sociale, ma anche economico. Non a caso lo stesso network Isede-Net è stato finanziato dall’Unione Europea attingendo al Fondo per lo Sviluppo Regionale, che normalmente viene usato per realizzare infrastrutture, sostenere le imprese profit e la ricerca.
Un obiettivo importante di Isede-Net è fare dialogare tra loro le imprese sociali che operano nei diversi contesti nazionali, per diffondere le buone prassi, ma anche per realizzare, dove possibile, iniziative comuni. Per favorire lo scambio Isede-Net svilupperà anche un portale (www.isedenet.com) in inglese e nelle 8 lingue nazionali dei paesi partner. Il sito offrirà gratuitamente alle cooperative che si iscriveranno consulenza legale e amministrativa, nonché informazioni sui differenti canali di accesso al credito e sulle opportunità di finanziamento disponibili a livello locale, nazionale ed europeo.
All’interno del network Isede-Net, Caritas Ambrosiana, che si avvale del consorzio di cooperative Farsi Prossimo per l’implementazione del progetto, è l’anima sociale del partenariato italiano che vede come capofila la provincia di Brescia e come altro sostegno istituzionale, il comune di Venezia. «La sfida è diffondere benessere sociale, proprio in un momento difficile, in cui gli Stati dappertutto sembrano in affanno. La grande tradizione cooperativa italiana guardata con interesse anche all’estero, se valorizzata, potrebbe essere un modello interessante in grado di intercettare e dare riposta ai bisogni emergenti nella società» ha spiegato don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana. «Come ente ecclesiale siamo interessati a diffondere una cultura della solidarietà e della prossimità che non escluda nessuno. Negli anni, abbiamo dato vita a servizi per rispondere concretamente ai bisogni dei più poveri. Queste iniziative, nate nell’ottica della testimonianza e spesso avviate grazie al lavoro dei volontari, sono cresciute e hanno assunto in numerosi casi la forma di vere e proprie imprese sociali. Accanto alla promozione del volontariato, siamo quindi molto interessanti agli sviluppi delle cooperative sociali. E desideriamo accompagnare questo processo, se possibile anche al di fuori dei confini nazionali, nel rispetto dello spirito originario».