“Il benessere di una nazione può essere valutato in base al grado di felicità dei cittadini o invece l’unica variabile da valutare è il prodotto interno lordo?”, chiede l’Independent.

È un interrogativo che numerosi governi si pongono ormai da anni, sebbene solo il Buthan dal 1972, abbia adottato una valutazione del proprio benessere non solo in base a fattori economici.

“Nell’ultimo decennio la maggior parte dei paesi si è concentrata sulla crescita del pil a spese di altri beni socialmente rilevanti”, racconta l’ Independent. Adesso tuttavia, secondo uno studio pubblicato dal quotidiano britannico, molti governi starebbero seriamente considerando una sostituzione delle priorità, proponendo una serie d’interventi politici riguardanti la salute mentale e lo stato psicofisico della popolazione: “Una sorta di welfare della felicità”.

Già in passato alcune pubblicazioni, tra cui Building Character di Demos e Sinking and Swimming della Young Foundation, suggerivano di accompagnare alle regolari relazioni sulle condizioni economiche del paese degli studi sullo stato psicologico degli abitanti.

Ora anche l’amministrazione britannica ha dimostrato segni d’interesse in questa direzione, pubblicando un mese fa, il rapporto New Horizons. “Non si tratta solo di prevenire il malessere, ma anche di aiutare i singoli individui a dare il meglio di sé” ha dichiarato il primo ministro Gordon Brown. L ‘iniziativa prevede che ci siano addetti alla salute mentale “assegnati a tutti gli uffici e i centri per l’impiego”. La nuova “scienza della felicità” contemplerebbe anche dei test da sottoporre ai cittadini. Gli esaminatori valuterebbero il livello di benessere e di soddisfazione della persona, in base al punteggio ottenuto.

Gli scettici, tuttavia, definiscono invasivi questi provvedimenti, sostenendo che costituiscono una reale intrusione dello stato nella vita privata dei cittadini, e che lontani dall’essere utili, tendano a controllare gli individui.

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