Una svolta nella storia del welfare state americano. Copertura sanitaria universale entro il 2019. Alla Casa Bianca si lavora per arrivare al voto finale prima del discorso di Obama sullo stato dell’unione, previsto per la fine di gennaio.
“Alle sette del mattino della vigilia di Natale il Senato degli Stati Uniti ha approvato il disegno di legge di riforma del sistema sanitario. Con sessanta voti a favore e trentanove contrari, la maggioranza ha fatto il pieno dei voti democratici – un risultato per nulla scontato – incassando anche quello di qualche indipendente, a partire da Joe Lieberman. Ma non si tratta dell’ultimo atto: dai primi giorni di gennaio saranno avviate infatti le trattative fra la Camera dei Rappresentanti ed il Senato per l’armonizzazione dei testi approvati dalle due camere. Testi che presentano differenze anche significative: in particolare sull’introduzione di un piano assicurativo pubblico, previsto dal testo approvato dalla Camera dei Rappresentanti ma non da quello oggi approvato dal Senato.
Seppure l’obbiettivo iniziale di Obama non sia stato conseguito – l’approvazione definitiva della riforma entro la fine dell’anno – alla Casa Bianca si lavora per arrivare al voto finale prima del discorso di Obama sullo stato dell’unione previsto per la fine di gennaio.
L’approvazione del testo di riforma al Senato rappresenta, nonostante lo scarso entusiasmo della sinistra del partito, un successo per la linea sostenuta dallo Speaker Harry Reid che ha preferito lavorare ad un testo di maggioranza piuttosto che ad un’ipotesi bipartisan volta a catturare qualche voto repubblicano. Olympia Snowe, la senatrice repubblicana di orientamento moderato che ha sostenuto diverse misure promosse dalla nuova maggioranza, ha infatti votato contro la riforma stigmatizzando la chiusura dei democratici al confronto con la minoranza. Un prezzo da pagare da parte della Casa Bianca e della leadership democratica se volevano impedire un indebolimento ulteriore della riforma ed un accresciuto nervosismo fra le fila della sinistra del partito.
Se si trasformasse in legge – sottolineano oggi il New York Times e il Wall Street Journal – la riforma rappresenterebbe una nuova pietra miliare nella storia del welfare state in America dopo l’introduzione del sistema pensionistico pubblico – la Social Security di Roosevelt, diventata legge nel 1935 – e quella della copertura sanitaria pubblica per gli anziani – il programmaMedicare di Johnson, del 1965. L’altisonanza dei paragoni storici sarebbe confortata dai numeri. Secondo il Congressional Budget Office, con la riforma l’obbiettivo dei democratici di pervenire ad una copertura sanitaria quasi universale sarebbe di fatto raggiunto entro il 2019: secondo le loro proiezioni, il 94% di chi resiede legalmente nel paese disporrebbe per allora di un’assicurazione sanitaria. Un passo in avanti significativo rispetto all’83% di oggi, che il senato intende realizzare non attraverso la creazione di un piano assicurativo pubblico in grado di competere con quelli privati – come previsto invece dal testo approvato dalla Camera dei Rappresentanti nel Novembre scorso – ma con l’introduzione di un sistema assai sofisticato di nuove norme, incentivi e sussidi.
Ad essere certo e’ comunque l’allargamento imponente del ruolo del governo federale nella regolazione e gestione del sistema sanitario. Il testo impone con poche eccezioni l’obbligo per ogni residente di disporre di un’assicurazione sanitaria attraverso i piani offerti dallo stato, dai datori di lavoro e dal mercato privato. Per rendere realmente esigibile il nuovo diritto-dovere all’assistenza sanitaria, il testo di riforma prevede l’estensione della platea degli aventi diritto ad un piano assicurativo offerto dal governo federale – denominato Medicaid e riservato ai non abbienti – che vedrebbe una crescita dei propri assicurati di circa quindici milioni, offrendo contestualmente sussidi per l’acquisizione di piani assicurativi privati da parte dei redditi medio-bassi.
Per un costo totale di 871 miliardi di dollari in dieci anni, al 2019 la coperta dell’assistenza sanitaria arriverebbe a proteggere 31 milioni di americani in piu’, mentre si calcola che a restare fuori dal nuovo sistema sarbbero per lo stesso anno circa 23 milioni di persone, un terzo dei quali sarebbero immigrati clandestini. Inoltre, il testo vieta alle compagnie assicurative di negare la copertura a persone con cattive condizioni di salute, di applicare per la stessa ragione tariffe piu’ elevate o di rescindere la polizza qualora l’assicurato si ammalasse o divenisse disabile. Altra norma dal forte impatto simbolico, l’introduzione di un tetto ai profitti delle stesse compagnie assicurative con l’obbligo di reinvestire in cure sanitarie almeno l’80/85% dei premi versati. Per quanto riguarda i costi, sempre per il Congressional Budget Office, l’aumento della spesa sarebbe largamente neutralizzato attraverso l’imposizione di nuove tasse, contributi e accise come da risparmi consistenti nella spesa del programma Medicare.
Giunto al traguardo grazie al vero e proprio acquisto del voto di un manipolo di indecisi – come il senatore democratico del Nebraska, convinto a suon di milioni di dollari di fatto affluiti nella casse del suo stato – il disegno di legge approvato dal Senato scontenta la sinistra del partito. Nonostante quanto affermato da Reid – “Da oggi l’assistenza sanitaria cessa di essere un privilegio per divenire un diritto” – la delusione fra le fila liberal e’ profonda. La liquidazione – ormai data per definitiva – del piano assicurativo pubblico e l’esclusione dell’interruzione di gravidanza dai trattamenti finanziabili con i nuovi sussidi federali rappresentano i piu’ evidenti punti di attrito fra progressisti e moderati del partito. Ora l’appuntamento e’ per il negoziato fra Camera dei rappresentanti e Senato, dove ad essere affrontato sara’ anche il tema della nuova tassazione da introdurre a sostegno della riforma. Un terreno sul quale la sinistra tentera’ di far pesare le proprie ambizioni redistributive.”
di Alessandro Coppola per http://www.rassegna.it/