Obama e l’assistenza sanitaria per i poveri
Obama e l’assistenza sanitaria per i poveri

Quando Barack Obama, primo Presidente afroamericano degli Stati Uniti, ha percorso la Pennsylvania Avenue di Washington tenendo per mano la moglie Michelle, il giorno del suo giuramento, in tutto il mondo hanno cominciato a inseguirsi due domande: quanto durerà ..?

Quando Barack Obama, primo Presidente afro americano degli Stati Uniti, ha percorso la Pennsylvania Avenue di Washington tenendo per mano la moglie Michelle, il giorno del suo giuramento, in tutto il mondo hanno cominciato a inseguirsi due domande: quanto durerà la straordinaria presa mediatica di una simile immagine? E sarà solo immagine o c’è qualcosa di adeguatamente grande e sorprendente dietro? Gli specialisti americani, che con il potere non sono mai succubi e non sono mai benevoli, si sono divisi in due gruppi. Nel primo si prevedeva con cauta saggezza: Obama farà una cosa per volta. Il secondo prevedeva la scelta quasi contemporanea di una serie di impegni, ma concentrandosi sui più simbolici, in modo da attrarre l’attenzione dei media e l’energia degli avversari sugli scontri simbolici.

 

Obama aveva sorpreso tutti con una campagna elettorale tenace e serena, che ha svelato un carismatico leader inflessibile e – allo stesso tempo – amichevole e attento a tutti. Ha sorpreso anche di più come Presidente. Ha scelto di aprirsi un vasto spazio di azione, da Guantanamo all’Iran, dalla Russia alla Chrysler, dalla Cina all’aborto, dall’appello ai giovani neri sul loro futuro al ritiro dall’Iraq, alla ridefinizione dell’intervento in Afghanistan, al cambiamento dei rapporti con Cuba. E intanto ha subito indicato la giurista Sotomayor per la Corte Suprema, e ha aperto la lotta senza quartiere per la riforma sanitaria, ovvero l’impegno di dare a tutti gli americani la certezza delle cure mediche garantite per legge dallo Stato.

 

 

La risposta è: si tratta della riforma più profonda e rivoluzionaria contro le oligarchie finanziarie che siedono – e vogliono restare anche dopo la sconvolgente crisi economica – al di sopra della democrazia americana. Se riesce, restituisce il Paese ai cittadini nello spirito e nella lettera delle carte fondative degli Stati Uniti.

 

 

Lo stato dei fatti è semplice da descrivere. 50 milioni di americani, dai vecchi ai bambini, sono totalmente privi di cure mediche ovvero sono privi di qualunque copertura assicurativa in caso di malattia. E ciò avviene in un Paese ad alta tecnologia sanitaria, dunque molto costosa. Intanto una costellazione di ospedali celebri al mondo, di centri medici in cui lavorano gruppi di premi Nobel, di giorno in giorno si avvicinano alla bancarotta (alcuni, da New York a Los Angeles vi sono già precipitati) e, allo stesso tempo, impongono costi sempre più alti. Nessuna altra spesa negli Usa, Paese non tormentato dall’inflazione, aumenta di più ogni mese e ogni anno – del costo della medicina.

 

 

Il perverso meccanismo è difficile da sradicare ma facile da spiegare. I malati poveri non vengono cacciati dal pronto soccorso nel momento in cui il ricovero è necessario. La grande maggioranza dei medici disobbedisce alle direttive contabili e, per dovere, moralità e giuramento professionale, "accetta" chi ha bisogno di ricovero anche se non può pagare. L’amministrazione degli ospedali aumenta le tariffe dei malati paganti. I paganti chiedono rimborsi più alti alle rispettive compagnie di assicurazione. Le assicurazioni aumentano "il premio" richiesto. Le persone che non possono affrontare l’impennata del costo assicurativo aumentano. E aumenta dunque la folla di malati che chiede ammissione in ospedale senza lo scudo dell’assicurazione. Per loro mancano del tutto la medicina preventiva e le cure prolungate.

Accanto a questo fiume in piena si aggiunge l’altro: i disoccupati. Perdere il lavoro in Usa vuol dire perdere l’assicurazione sanitaria. E un altro ancora: i nuovi lavori vengono offerti ai giovani senza la copertura sanitaria che generazioni di lavoratori americani hanno avuto fin dai tempi del New Deal. Adesso è guerra aperta fra le compagnie di assicurazione che governano la vita del Paese attraverso l’arbitrio sui costi delle polizze; e la paura di restare "scoperti" (spesso le compagnie di assicurazione interrompono contratti ancora in corso se una malattia si aggrava; spesso negano copertura a cittadini portatori di malattie croniche). E il Presidente degli Stati Uniti che intende testardamente restituire la protezione sanitaria a tutti i cittadini, in un mondo che non sarà mai più di pieno impiego.

 

 

Ma è bene spiegare un po’ di più cosa si intende per potere assoluto delle compagnie di assicurazione americane sulla vita dei cittadini. Molti hanno visto il documentario di Michael Moore, sulla costosissima medicina americana, comico in apparenza, in realtà tragico. Non tutti sanno che il giorno in cui Christopher Reeve, il celebre Superman, è rimasto paralizzato per una caduta da cavallo, era coperto da una adeguata polizza di assicurazione. Ma quella assicurazione, appena accertata l’invalidità permanente, ha troncato il contratto. S’intende che ha agito fuori legge. Ma sarebbe stata in grado di trascinare la causa per anni. E infatti gli amici di Christopher Reeve hanno preferito (dieci grandi attori americani) pagare tutte le spese mediche del loro sfortunato amico fino alla morte.

 

 

Due altri arbitrii: escludere senza ragioni persone che vorrebbero assicurarsi al solo scopo di confermare il potere (per esempio chi perde il lavoro non può continuare ad essere assicurato pagando di tasca propria). E molte compagnie di assicurazione mantengono il diritto di autorizzare o impedire una cura o una analisi. Ma il compito non spetta a un medico. Spetta a un impiegato di quell’azienda, che si regola sul costo.

 

 

Il grave punto interrogativo è il congresso, Camera e Senato: molti democratici (il partito del Presidente) sembrano spaventati o ricattati dall’impeto aggressivo degli assicuratori, spalleggiati dai Repubblicani.

 

 

 

Per Obama è tutto in gioco. Ma lo è anche per gli Stati Uniti. Il coraggio e l’ostinazione sono realismo. Deve tenere compatti i suoi voti, ma anche far capire ai cittadini che non ha parlato a vuoto. Deve tenere testa in questa durissima battaglia per non perdere le altre.
Senza dubbio gli Stati Uniti affrontano uno dei più difficili momenti nella storia bella e drammatica di quel Paese. Senza dubbio ciò avviene mentre governa un leader che sta ancora meravigliando il mondo.

 

 

Barack Obama ha cominciato subito – e ha cominciato tutto, su tutti i fronti, interni e internazionali – per mobilitare i suoi deputati e i suoi senatori mentre sono ancora lontani dalle prove elettorali. Repubblicani, Finanza, grandi centri assicurativi combattono in modo pesante. Accusano Obama di "comunismo" e spaventano i cittadini con una fitta e ben finanziata campagna in cui si ammonisce: «Non potrete mai più scegliere i vostri medici. Vi metteranno nelle mani di medici di Stato».

Ha issato tutte le bandiere di ciò che era stato promesso nella campagna elettorale. Perché fra tanti impegni che cambiano l’immagine e la storia americana, la riforma sanitaria domina su tutto, persino su Cuba e le guerre, e porta a uno scontro almeno altrettanto grave come quello che – un decennio fa – ha portato nella sconfitta e alla umiliazione dei due Clinton?

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